Gli errori che noi giornalisti commettiamo sulle misure del lockdown di Natale

Informazioni frammentate e sempre diverse, in rincorsa rispetto a processi decisionali

18/12/2020 di Gianmichele Laino

Sul lockdown di Natale c’è stata una narrazione sbagliata sin dall’inizio. Abbiamo chiaramente seguito le indicazioni di un governo che, nella sua breve vita, ci ha abituato comunque a fughe in avanti, allo strumento della bozza, al retroscena che prevale sui fatti, ai “sondaggi” sugli spifferi. Ma questo atteggiamento è figlio anche della corsa al click. E noi lo sappiamo bene. Nei mesi del lockdown, notizie su regole, assembramenti, permessi, autocertificazioni (era diventato addirittura un format: ogni volta che usciva una nuova autocertificazione, i dati degli articoli che ne parlavano erano tra i più alti dei vari siti di informazione) erano le più lette, le più cliccate. Creavano interesse, suscitavano discussioni e dibattiti sui social network.

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Lockdown di Natale e comunicazione sbagliata

I giornali, noi giornalisti, abbiamo inseguito questo schema fino a quando – soltanto alcuni, non tutti eh – ci siamo resi conto che si trattava di uno schema dannoso. Perché quello che, all’inizio della pandemia, sembrava un servizio (informare la popolazione in una contemporaneità molto difficile da analizzare, perché l’epidemia globale non è una cosa che si verifica tutti i giorni), adesso è diventato uno stucchevole esercizio stilistico: bastava avere un si dice per costruire un articolo. E questo ha creato un duplice problema.

Il primo riguarda la confusione sulle regole, su ciò che è consentito fare e su ciò che non è consentito fare. Sul lockdown di Natale, ad esempio, al momento abbiamo due teorie dominanti: quella che prevede una zona rossa nazionale per tutto il periodo compreso tra il 24 dicembre e il 7 gennaio e quella che prevede questa stessa zona rossa a targhe alternate, soltanto per festivi e prefestivi, lasciando fuori i giorni lavorativi tra Natale e Capodanno e tra Capodanno e l’Epifania. Il consiglio dei ministri deciderà quale strategia adottare entro la giornata di oggi.

Nel frattempo, indicazioni di questo genere – di cui ogni giornale è pieno nelle sue prime pagine – contribuiscono a creare un clima di confusione che, ad esempio, si rifletterà in un week-end (quello del 19-20 dicembre) di grandissima tensione lungo le principali direttrici di comunicazione del Paese, dalle autostrade alle ferrovie, passando per gli aeroporti.

Si parla di «regole per il cenone», dando l’idea che un governo possa entrare nelle case degli italiani a controllare quante persone siano sedute a tavola. Si tratta di raccomandazioni, non certo di leggi: e sono utili – sarebbero utili – nel caso in cui un popolo di buon senso le recepisse in maniera serena, senza alzare il livello dello scontro nei commenti. La comunicazione sulle regole del lockdown, e del lockdown di Natale in particolare, ha contribuito a esasperare gli animi.

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