Come i grandi di Big Tech avrebbero fatto lobby occulta sul Parlamento UE per DSA e DMA

Paul Tang, René Repasi e Christel Schaldemose hanno presentato delle denunce rispetto a quanto accaduto

14/10/2022 di Redazione

Ci sono delle regole ben precise che disciplinano il ruolo delle lobby all’interno delle istituzioni. A maggior ragione se si tratta di una istituzione sovranazionale come il Parlamento Europeo. Sono delle regole che si basano fondamentalmente sul principio della chiarezza e della trasparenza. Bene, secondo quanto rilevato da alcuni eurodeputati socialdemocratici (Paul Tang, René Repasi e Christel Schaldemose), Big Tech – nel corso delle trattative che hanno portato all’approvazione dei corposi regolamenti del Digital Markets Act e del Digital Services Act, destinati a cambiare in maniera importante il mercato digitale negli Stati membri – avrebbe aggirato queste regole, in maniera non corretta. Nella fattispecie, i deputati hanno presentato otto denunce per rilevare come alcuni rappresentanti di piccole e medie imprese, nel corso delle trattative per la definizione del corpus legislativo, abbiano parlato a nome di Big Tech piuttosto che per tutela dei loro interessi. Una sorta di lobby Big Tech al Parlamento europeo mascherata e non dichiarata. Una circostanza che sarebbe in aperto contrasto con le regole che disciplinano questo settore.

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Lobby Big Tech al Parlamento UE mascherata dietro a piccole e medie imprese

Nelle denunce è stato messo nero su bianco che alcuni di questi rappresentanti delle piccole e medie imprese coinvolte avrebbero agito, in realtà, per conto di grandissime multinazionali che hanno visto in qualche modo limitarsi la loro capacità d’azione in seguito all’approvazione del Digital Services Act (che ha il compito di armonizzare le legislazioni europee sulla diffusione di contenuti illeciti attraverso le piattaforme digitali) e del Digital Markets Act (che ha il compito di rendere più concorrenziale l’economia europea del digitale e delle nuove tecnologie, svincolandola dalle logiche monopolistiche delle grandi piattaforme). Secondo gli eurodeputati, queste piccole e medie imprese avrebbero agito ai fianchi delle istituzioni europee per conto di Google, di Meta, di Amazon, di Computer & Communications Industry Association (CCIA), di IAB Europe.

La richiesta dei denuncianti è che questi soggetti siano esclusi dalle trattative future e dall’accesso alle istituzioni europee. Dopo che la notizia è stata messa in evidenza da Politico, sono piovute le smentite: Google ha dichiarato che la sua partnership con CCIA era aperta e trasparente, oltre che pubblica; Amazon ha negato qualsiasi legame in Europa; IAB Europe ha detto che, pur avendo aderito a un consorzio di aziende di cui faceva parte uno dei soggetti coinvolti, è impossibile mettere in correlazione quanto denunciato esclusivamente con la sua posizione. Altre aziende coinvolte, invece, hanno preferito non commentare l’accaduto.

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