La vera storia del microchip canino nei piatti del ristorante cinese

Denunciata per diffamazione aggravata a mezzo Internet: è l’epilogo della storia (falsa) diffusa su Facebook da B.T., un’artigiana 31enne di Vigevano, che da mesi andava raccontando sul popolare social network di come in un ristorante cinese della sua città si servisse in realtà carne di cane.

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«UN MIO AMICO AL RISTORANTE CINESE SI È TROVATO UN MICROCHIP NEL PIATTO» – Il suo «racconto» iniziava come tutte le leggende metropolitane che si rispettino, e cioè con la formula: «è successo a un mio amico». La donna, infatti, aveva raccontato che «un suo amico» mentre consumava una cena nel suddetto ristorante cinese, si era trovato nel piatto un microchip di quelli che si mettono ai cani di proprietà per essere rintracciati in caso di smarrimento. Per questo motivo «l’amico» sarebbe finito in ospedale per farsi fare una lavanda gastrica convinto di aver mangiato, a sua insaputa, cane canina. La notizia sarebbe stata troppo ghiotta per passare inosservata e giornalisti, animalisti e semplici curiosi avevano scatenato in Rete l’ennesima discussione sul nulla. Perché di nulla si trattava, nonostante la donna continuasse ad aggiungere particolari per rendere più credibile il suo racconto agli occhi di quanti nutrivano seri dubbi sulla veridicità del racconto.

LA DENUNCIA DEL RISTORATORE – Fino a quando il ristoratore cinese, un uomo di 39 anni, non si è stancato della cattiva pubblicità che si era abbattuta sul suo locale – piuttosto noto nella città del pavese – e ha presentato denuncia presso i Carabinieri di Vigevano, i quali hanno verificato l’infondatezza della notizia e hanno denunciato la donna per diffamazione aggravata a mezzo Internet. «Me la sono inventata per fare clamore» – è stata l’ammissione della donna, dopo che gli investigatori avevano controllato i ricoveri in ospedale del giorno indicato dalla donna, non trovando nessun riscontro. Oltretutto, come ricorda l’ANSA, se fosse stato vero il pronto soccorso avrebbe informato i militari in caso di intossicazione alimentare con quelle modalità. I Carabinieri avevano inoltre analizzato tutti i controlli effettuati dai Nas in precedenza e, nel ristorante, non erano emerse irregolarità. Il titolare del ristorante, che vi lavora con tutta la famiglia, si era rivolto alle forze dell’ordine anche perché aveva saputo che un sedicente gruppo animalista, aveva scritto su Facebook che voleva mettere uno striscione davanti al locale con scritto: «Qui si mangia carne di cane».

 

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VECCHIA BUFALA (SMENTITA TUTTE LE VOLTE) – In realtà, quella del «microchip canino» nei piatti del ristorante cinese è una storia che circola sul web già da qualche anno, sempre uguale, pur cambiando di volta in volta la città. I dettagli della storia sono i medesimi, o cambiano soltanto in qualche particolare: nell’aprile 2013 la bufala era comparsa a Ciriè, in provincia di Torino, dove si raccontava di una donna che, essendosi sentita male dopo una cena in un ristorante cinese, era andata all’ospedale dove i medici le avevano trovato un microchip nello stomaco. Già allora, facendo una semplice ricerca sul web, si poteva notare come la storia fosse già «andata in scena» almeno un anno prima, in due diversi ristoranti della Maremma e della provincia di Perugia, sempre con dettagli molto vaghi sull’identità dello sfortunato avventore che avrebbe fatto l’orripilante scoperta. Soltanto un mese prima, nel marzo 2013, la stessa storia aveva preso a circolare con la targa di Este, in provincia di Padova: anche qui la «notizia» era stata opportunamente «sbufalata» e i gestori del locale avevano presentato regolare denuncia. Eppure, nonostante la «notizia» torni a sbucare regolarmente ai danni qualche ristoratore, la leggenda metropolitana del microchip canino al ristorante cinese sembra essere un vero evergreen del web italiano, che spunta in forum e discussioni sui social media spesso con contorno di commenti vagamente xenofobi e razzisti.

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(Photocredit: Getty Images, foto di repertorio)

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