Chi sono le influencer ingaggiate da Shein per la sua campagna in azienda

Il loro bacino di utenza deve per forza di cose competere con quello dei giornali che hanno diffuso le inchieste sulla piattaforma di abbigliamento

07/07/2023 di Gianmichele Laino

Non con un numero di follower così ampio, non così famose. Eppure, già nella bufera per quello che è accaduto. Come vi abbiamo raccontato, infatti, Shein – il noto portale che opera nel settore della moda – ha ingaggiato una serie di influencer per mostrare al mondo come si lavorerebbe all’interno dell’azienda più volte nel mirino di inchieste giornalistiche, tra le altre cose, proprio per le condizioni dei suoi dipendenti e per il basso costo della manodopera. Sorprende come un brand globale non sia riuscito a intercettare dei big influencer (pensate soltanto ai nomi che – localmente e globalmente – sponsorizzano piattaforme come Zalando – per restare nel campo della moda – o Amazon) per una loro campagna di comunicazione. O forse, vista proprio l’azione continua della stampa nel rivelare dettagli rispetto al modo di operare di Shein, a ben pensarci non deve sorprendere più di tanto. Ma chi sono le influencer che Shein ha assoldato per un surreale tour dell’azienda?

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Influencer di Shein, cosa non ha funzionato a livello globale

Destene Sudduth, Aujené, Kenya Freeman, Fernanda Campuzano, Marina Saavedra, Dani Dmc. Sono questi i nomi coinvolti da Shein per la sua campagna descrittiva degli ambienti di lavoro dell’azienda. Come anticipato nel nostro monografico, si tratta di influencer attive nel combattere battaglie a favore dell’inclusività e contro il body shaming. Non una audience particolarmente ampia – Aujené è l’unica a superare il milione di followers su Instagram -, non dei volti particolarmente famosi a livello globale. L’idea è che, nel mercato dell’influencer marketing, Shein abbia dovuto virare su questi profili. Quasi in seconda battuta.

Del resto, la reazione dell’audience di Dani Dmc (ovvero, Dani Carbonari) ha dato un saggio di quello che sarebbe potuto accadere a nomi di maggiore spessore, se avessero deciso di fare questo home tour promosso da Shein. L’attivista e influencer è stata costretta a ritrattare e a sospendere la sua collaborazione con Shein dopo che diversi utenti l’avevano accusata di aver stretto un accordo con l’azienda, nonostante la reputazione di quest’ultima e le inchieste di importante testate giornalistiche internazionali su condizioni dei lavoratori e sulla qualità dei tessuti dei capi di abbigliamento messi in vendita sulla piattaforma.

La domanda che ci siamo posti, tuttavia, è: ha senso aggregare un’audience che sommi i 385mila followers su Instagram di Destene Sudduth, i suoi 4 milioni di followers su TikTok, il milione di followers di Aujené e i 600mila followers circa coperti dagli account di Kenya Freeman, Fernanda Campuzano, Marina Saavedra e Dani Dmc su Instagram? Davvero questa numerica è più importante del pubblico che segue testate come Wired, Le Monde, Financial Times o un’autorità nell’attivismo ambientalista come Greenpeace?

Evidentemente sì: il fatto di aver puntato su profili molto seguiti dai giovani, operativi al massimo nel campo delle battaglie per i diritti civili e per l’autodeterminazione dei corpi, deve essere stato sufficiente a Shein per attuare un’operazione di brand washing estremamente targettizzata, rivolta non a un pubblico globale, ma esattamente a un pubblico potenziale. Con il conseguente risultato di non avere alcun effetto sostanziale rispetto a una eventuale contrazione del volume del business di una piattaforma che continua a essere una delle più adoperate al mondo. Nonostante le polemiche.

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