Qual è il confine tra la difesa della libertà di espressione e la lotta alle fake news?

Capire il meccanismo della disinformazione su Facebook diventa ancora più complicato se la piattaforma limita i profili dei ricercatori

24/09/2021 di Ilaria Roncone

I ricercatori della NYU lavorano per capire come funzionano gli annunci politici e la disinformazione su Facebook da tempo. Il social ha cominciato a contrastare queste ricerche fino ad arrivare a bloccare quella che indagava sul targeting degli annunci politici e sulla diffusione della disinformazione sui social. I ricercatori in questione si sono visti anche bloccar gli account social, con Facebook che ha affermato che la ragione risiedeva nel fatto che avrebbero utilizzato mezzi non autorizzati per accedere alla piattaforma e raccogliere dati.

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La disinformazione su Facebook minaccia le elezioni democratiche

L’abbiamo visto in parecchi casi: la disinformazione sui social contribuisce a cambiare le sorti delle elezioni e i politici lo sanno bene. Fare disinformazione in maniera subdola – soprattutto se i social non intervengono per fare moderazione, come succede nei paesi in via di sviluppo o del terzo mondo – è la chiave per ottenere più voti grazie ai meccanismi di targeting degli utenti.

Nell’approfondimento di Agenda Digitale viene anche sottolineato come giornalisti, associazioni e ricercatori siano stati avvisati prima di vedere i loro profili limitati. Il punto era che avrebbero dovuto smettere di utilizzare AD Observer, sviluppato da loro per ottenere dati sui quali basare le ricerche e le indagini. Facebook, quindi, ha giustificato il gesto dicendo che Ad Observatory non avrebbe rispettato i termini di utilizzo di Facebook (in particolare una sezione che prevede l’impossibilità di accedere o raccogliere dati della piattaforma utilizzando mezzi automatizzati senza aver ricevuto un’autorizzazione da Facebook stesso).

Laura Edelson, ricercatrice principale dietro la NYU Cybersecurity for Democracy, sostiene – insieme ai suoi colleghi – che non dovrebbe essere Facebook a stabilire che tipo di ricerche si possono fare, chiedendo ai politici di approvare leggi che costringessero l’azienda a fornire accesso illimitato ai dati. I ricercatori hanno inoltre rigettato ogni accusa di data scraping poiché «la nostra estensione viaggia insieme all’utente, che ha installato il plug-in, e noi raccogliamo solo dati relativi agli annunci che vengono mostrati all’utente».

I ricercatori sostengono, quindi, che la scusa della privacy venga utilizzata da Facebook come scusa per impedire di studiare la piattaforma social – finita nel mirino di un’inchiesta approfondita del WSJ – e il suo funzionamento. La piattaforma di Zuckerberg, d’altro canto, nega tutto.

Il board si Facebook ancora non si è pronunciato sulla sospensione degli account

Le questioni più spinose vengono affrontate dal board di valutazione delle azioni di Facebook che, tuttavia, è stato costruito da Facebook stesso. Sulla sospensione dei ricercatori il comitato non si è ancora espresso ma, probabilmente, verrà chiamato a valutare l0operato della piattaforma rispetto alla democrazia e al suo impegno per garantire i diritti umani e rispettare i valori che professa.

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