Per Libero «importiamo il virus» perché ci sono «profughi infetti»

Dopo che i politici sovranisti, nella giornata di ieri, avevano twittato e postato sui social network ogni possibile critica alla ong Sea Watch per il fatto che, dopo un tampone, sono stati trovati positivi 28 migranti dei 211 salvati tra il 17 e il 18 giugno, oggi tocca a Libero calare l’asso e fare una prima pagina dedicata a questo episodio. Il titolo, piuttosto eloquente, è «Importiamo il virus».

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Importiamo il virus, il titolo di Libero sui 28 migranti positivi

Al di là della pura semplificazione giornalistica, tuttavia, il concetto che potrebbe passare è decisamente errato. L’Italia non ha importato il virus (diciamo che non ne ha bisogno, dopo tutto quello che ha vissuto in questi ultimi quattro mesi) e di certo il fatto che 28 migranti lo abbiano contratto non modifica l’andamento dell’epidemia nel nostro Paese.

La cosa che si dovrebbe sottolineare maggiormente, invece, è che questi migranti non sono ‘sbarcati’ come dice la prima pagina di Libero, ma sono stati fatti salire sulla Moby Zazà, una nave da crociera, ancorata sulle coste della Sicilia, proprio per permettere ai migranti che arrivano in Italia di completare il periodo di quarantena, senza contagiare – se effettivamente positivi – altre persone, sia nei centri d’accoglienza, sia nel resto dei territori italiani. E le stesse ong come la Sea Watch – che si è resa protagonista del salvataggio circa una settimana fa – hanno preso misure di precauzione, nel rispetto delle vigenti norme sanitarie.

Quello che si dovrebbe sottolineare, invece, è che – al più – questi migranti sono stati salvati due volte: la prima da un possibile naufragio, la seconda dal coronavirus. Anche se la maggior parte dei 28 positivi non presenta sintomi (soltanto uno è stato ricoverato, al momento), di certo l’assistenza ricevuta in Italia permetterà loro di superare la fase critica del Covid-19 laddove si dovesse presentare. Insomma, puntiamo l’attenzione sempre sull’aspetto sbagliato (e di pancia) della questione. Ormai, ci abbiamo fatto l’abitudine.

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