Frejus, la Ferrovia che c’era già (dimenticata per la Tav)

LA LINEA STORICA? LAVORA AL 30 PER CENTO – Per poter continuare, bisogna prendere sotto mano il Quaderno 1 dell’Osservatorio sulla Torino Lione. La tabella di cui sopra si riferisce alla capacità effettiva della linea al 2010, prima dell’ammodernamento. Ogni giorno potrebbero circolare 180 treni, di cui 14 a lunga percorrenza, 40 regionali e una quantità di merci tale da garantire più di 10 milioni di tonnellate / anno nette di traffico. Ripetiamo, sono dati della Presidenza del Consiglio. Confrontiamoli con i numeri del paragrafo precedente: zero treni regionali, tre treni a lunga percorrenza, traffico merci pari a 3,9 milioni di tonnellate l’anno. Il sospetto del sottoutilizzo continua a crescere. Diventa quasi una certezza andando avanti nello spulciare il quaderno in questione, e più specificatamente, a pagina 36.

Il potenziale della tratta Modane – Bussoleno pari a 208-226 treni/giorno (di tutti i tipi), rappresenta circa il triplo rispetto al numero di treni attualmente in esercizio e tra una volta e mezza e il doppio rispetto al numero massimo di convogli raggiunto dalla Linea Storica nel 1997
Ovvero. Questi sono i dati relativi all’ammodernamento della linea storica. E stiamo parlando di numeri di esercizio, visto che la capacità massima è di 250 treni al giorno. E come disse la buonanima di Corrado Martone, “e non finisce qui”.

E’ emerso quindi con forza il messaggio che si debba incidere sulla ripartizione modale disincentivando il traffico merci su gomma e potenziando quello su ferro (nonché, ovviamente, quello marittimo). Anche sotto questo aspetto, la raccomandazione ha valenza generale: se si ritiene che la Linea Storica abbia capacità potenziale sufficiente, è ovvio che la si debba sfruttare da subito a beneficio del riequilibrio modale, nell’interesse dell’ambiente e dell’ecosistema alpino. Se invece si ritiene indispensabile realizzare una nuova linea (a prescindere dalle sue modalità), è comunque fondamentale che si creino fin da subito le condizioni perché cresca un mercato di utilizzo corrispondente alla accresciuta capacità che si verrà a generare con la nuova infrastruttura. In entrambi i casi, dunque, si può convenire che se nel corso dei prossimi 15-20 anni si dovesse confermare l’attuale tendenza, senza correttivi sufficientemente incisivi sulla ripartizione modale, vi sarebbe un forte rischio di collasso dei sistemi socioeconomico-ambientali.

L’OTTIMISMO DI LTF – Tradotto cosa significa? Stante così le cose, dal punto di vista economico, sociale, ambientale, con la costruzione della TAV si rischia un buco nell’acqua. Del resto in 10 anni la circolazione delle merci si è poco più che dimezzata. LTF aveva studiato dei piani di crescita economica, contenuti nel Quaderno 2, e che possono essere riassunti così

La linea blu rappresenta il traffico merci reale. La linea rossa quello che LTF si aspettava. La linea a puntini rosa la massima criticità della linea storica. Detto questo non puo’ non venire in mente l’intervista fatta a Marco Ponti, professore di economia al Politecnico di Milano, secondo il quale la TAV in Val di Susa è “una stupidità fenomenale”: “è difficilissimo togliere il trasporto merci dalla strada. Basti pensare che già oggi i camion sono molto tassati e le ferrovie molto sussidiate, e ciononostante le merci viaggiano su gomma e non con i treni. Questo perché la ferrovia non è un sistema, il camion sì. Il tir fa il porta a porta, e quindi la ferrovia ha bisogno del camion, all’inizio e alla fine del viaggio. Questo rende difficilissimo portare le merci su treno, soprattutto quelle moderne: per carbone, mattoni, legname, il treno va benissimo, ma nel caso dei prodotti ad alto valore aggiunto tipo computer o vestiti firmati è impossibile portare gli industriali a questa soluzione” […] E’ stato avviato questo Osservatorio a Milano, ma ha dato dei risultati palesemente inverosimili, di un ottimismo che nessuno si sente di condividere: hanno previsto una crescita del traffico che non sta né in cielo né in terra, e poi non hanno messo in conto le emissioni di cantiere, che saranno notevolissime: compenserebbero gli ipotetici risparmi per i prossimi vent’anni”.

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