«È il lockdown della musica italiana, impatto per migliaia di euro all’ora»

La preoccupazione del CEO di FIMI, Enzo Mazza. Il blocco delle tracce su Instagram e Facebook sta impattando tantissimo sull'intera filiera della musica italiana

17/03/2023 di Gianmichele Laino

È sbagliato pensare che quello che sta succedendo in questo momento, con lo stop pressoché totale delle tracce musicali in Italia su Instagram e su Facebook, interessi esclusivamente un solo ecosistema. L’impatto, in queste ore, al contrario, sta interessando l’intera filiera musicale in Italia. «Non sappiamo quanto durerà questo stop. È un lockdown digitale della musica che ha un impatto a seconda del numero di giorni per i quali durerà. Sono in ballo migliaia di euro all’ora». Queste sono le parole di Enzo Mazza, CEO di FIMI, la Federazione Industria Musicale Italiana che si occupa di monitorare settimanalmente le vendite e la distribuzione delle pubblicazioni discografiche in Italia, fonte ufficiale di dati discografici italiani sulle vendite e le distribuzioni, non solo attraverso i canali tradizionali ma anche attraverso gli streaming digitali. Il punto di vista di FIMI è privilegiato per comprendere il vero impatto di quanto sta avvenendo.

LEGGI ANCHE > Meta colpisce senza motivo anche le tracce di Soundreef, ma è giallo: «Faremo valere i nostri diritti»

Enzo Mazza e il punto di vista di FIMI sulla questione SIAE-Meta

«Le trattative riguardano SIAE e i diritti d’autore degli artisti – spiega Mazza ai microfoni di Giornalettismo -. Posso dire che dopo il recepimento della direttiva sul copyright in Italia è previsto che queste piattaforme che mettono a disposizione contenuti ottengano una autorizzazione preventiva. Se nel passato operavano con un modello diverso, ottenendo licenze dagli aventi diritto o non ottenendone affatto, adesso devono avere a disposizione una licenza preventiva e quindi far sì che queste negoziazioni siano più aderenti al dettato comunitario».

Dunque, il problema parte da una nuova esigenza che si è venuta a creare con una evoluzione del quadro normativo. Ma in realtà affonda le sue radici in un vecchio problema che riguarda le piattaforme digitali: la mancanza di comunicazione, per quanto riguarda i dati, relativa a uno specifico segmento. Così come, spesso, è difficile ottenere informazioni sull’incidenza del loro algoritmo per quanto riguarda i contenuti proposti sui social network, è difficile ottenere dati esatti sulla reale diffusione della musica italiana su Facebook e Instagram. «Secondo SIAE – continua Mazza -, la mancanza di trasparenza delle piattaforme è stata scatenante per questa rottura. In effetti, la direttiva e anche le normative precedenti prevedono che queste piattaforme debbano fornire tutti i dati necessari. L’assenza di queste informazioni non consente di valutare il perimetro di rappresentatività della SIAE e quindi valorizzare quanto è necessario a definire un compenso. Se non so quanto rappresenta il mio repertorio, come faccio a valutare gli aspetti economici dettati dall’utilizzo di quello stesso repertorio?».

FIMI, comunque, prova a fare i calcoli. Ovviamente sulla base dell’intera industria musicale italiana e non soltanto relativamente al settore dei diritti d’autore tutelati da SIAE: «L’utilizzo delle piattaforme da parte dei consumatori italiani per l’ascolto dei brani pesa per il 5% su tutte le altre tipologie di ascolto. È un dato rilevante, uno dei modelli principali. Nel 2022, per l’industria discografica i ricavi dai social media con il modello basato sulla pubblicità sono stati, relativamente ai soli Facebook e Instagram, superiori ai 20 milioni di euro».

Il problema riguarda un’intera filiera

Vista la portata dell’intera filiera, sembra davvero incredibile che, in presenza di un ostacolo che si frappone tra Meta e una sola parte di questa filiera, l’impatto sia a cascata su tutto il mondo musicale italiano: «La situazione è molto confusa e obiettivamente inaccettabile – ricorda Mazza -. Non è possibile che Meta attui una misura di questo tenore, sapendo che la maggior parte dei contenuti musicali sono basati su accordi con le case discografiche. È qui il problema: Meta non riesce a raggiungere un accordo con un singolo pezzo della filiera, nel caso SIAE, e per farlo distrugge l’intera filiera».

E aggiungiamo anche il fatto che non è solo il settore musicale a essere coinvolto. Ci sono anche i content creators che, magari, utilizzano la musica semplicemente per promuovere un’altra tipologia di contenuti, che sono stati bombardati dalle indicazioni arrivate direttamente dalle piattaforme sulle strategie per adattare meglio un contenuto all’algoritmo. Tra queste c’era anche quella di utilizzare dei brani in tendenza, anche solo come sottofondo dei propri contenuti. Ed è sbagliato pensare che per altre piattaforme vada meglio: «In questo momento – ci dice il CEO di FIMI -, anche TikTok è un problema dal punto di vista degli incassi perché genera pochissime revenue. Dal punto di vista internazionale sono attive delle trattative affinché TikTok remuneri la musica che utilizza. È una fase complessa per tutti: perché tutti i social utilizzano tanta musica e questa viene pagata molto poco».

L’augurio, da parte di FIMi, è che la situazione si possa risolvere al più presto, anche con il buon senso delle parti in causa. «Sono in gioco i diritti di un’intera filiera – chiude Mazza -. In questo momento, la cosa che si può fare, da parte di tutti gli operatori, è quella di sensibilizzare Meta sul danno che questa cosa sta procurando. La trattativa si sarebbe potuta condurre senza per forza cancellare tutti i contenuti, colpendo l’intera filiera di creatori italiani ai quali è stato venduto da Meta che i social media siano essenziali per la loro attività professionale. Mi auguro che ci sia una ricomposizione tra Meta e SIAE, che questa cosa venga risolta al più presto, perché ci sono danni non solo economici, ma anche dal punto di vista professionale».

Share this article
TAGS