La brutta fine di YouTube definito «uno dei principali canali di disinformazione al mondo»

L'appello è stato lanciato pubblicamente da un gruppo di fact-checkers che hanno inviato una lettera aperta al CEO Susan Wojcicki

13/01/2022 di Redazione

La scelta è stata quella di indirizzare una lettera aperta, senza mezzi termini, a Susan Wojcicki, CEO di YouTube. I problemi che questa piattaforma sta dando all’ecosistema dell’informazione sono numerosi e sono stati messi nero su bianco da una serie di personalità importanti nel mondo del fact-checking. I fact-checkers contro YouTube sono l’ennesima riprova che, dal punto di vista dei modelli di business, ci sono molte priorità da rivedere: si può accettare, in qualche modo, che un giornale, un’azienda importante, un semplice influencer che abbia a cuore la correttezza delle informazioni che produce possano sfruttare una piattaforma che gode di questa reputazione?

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Fact-checkers contro YouTube per la disinformazione diffusa sulla piattaforma

Circa 80 gruppi di fact-checkers hanno evidenziato il problema, sottoponendolo all’attenzione di Susan Wojcicki. Si mette nero su bianco il fatto che YouTube sia «uno dei principali canali di disinformazione e disinformazione online in tutto il mondo», una definizione che non lascia spazio alle interpretazioni. Criticate, in modo particolare, sono state le sezioni che riguardano le informazioni date sul coronavirus o su alcune competizioni elettorali in diverse parti del mondo.

Nella lettera, si fanno una serie di richieste al board di YouTube: un impegno maggiore affinché l’azienda possa dare una panoramica trasparente della disinformazione che è presente sulla piattaforma, la richiesta di una maggiore contestualizzazione e, magari, attività di debunking dei video di disinformazione, al posto della semplice eliminazione degli stessi, azioni molto più severe contro i recidivi, maggiore impegno per contrastare la disinformazione in lingue diverse dall’inglese. Inoltre il gruppo di fact-checkers contro YouTube chiede che l’algoritmo della piattaforma vada a disincentivare i video contenenti disinfomazione.

Certo, YouTube non è stato impassibile di fronte al dilagarsi delle fake news anche sulla sua piattaforma. Ma le sue azioni sono sembrate più delle iniziative spot (come, ad esempio, il ban per i video del presidente brasiliano Jair Bolsonaro) e non un vero e proprio “sistema” ben definito per contrastare il fenomeno. Per questo, probabilmente, le contromisure vere dovranno ancora essere prese, nonostante gli investimenti annunciati dalla piattaforma nel debunking delle false informazioni, soprattutto in questo periodo di pandemia. Intanto, YouTube subisce un grave danno d’immagine da una lettera che, sicuramente, nella comunità digitale – molto attenta alle evoluzioni del mercato – farà rumore.

La posizione di YouTube

Elena Hernandez, Portavoce YouTube, ha affermato: «Il fact checking è uno strumento fondamentale per aiutare gli utenti a prendere le loro decisioni sulla base di informazioni verificate, ma è solo un pezzo di un puzzle molto più grande che ha l’obiettivo di affrontare la diffusione della disinformazione. Nel corso degli anni, in tutti i paesi in cui operiamo, abbiamo investito molto in policy e prodotti che avessero lo scopo di mettere a disposizione delle persone contenuti autorevoli, di ridurre la diffusione della disinformazione borderline e di rimuovere i video che violano le policy. Abbiamo registrato importanti progressi, mantenendo la fruizione di contenuti suggeriti borderline significativamente al di sotto dell’1% di tutte le visualizzazioni su YouTube, e solo circa lo 0,21% di tutte le visualizzazioni sono di contenuti violenti che poi rimuoviamo. Lavoriamo continuamente per cercare nuovi strumenti per migliorare e continueremo a rafforzare il nostro lavoro insieme alla community del fact checking».

UPDATE: Alle 14.52 abbiamo inserito la posizione della portavoce di YouTube, Elena Hernandez

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