Facebook sotto accusa in tv per aver favorito i fatti di Capitol Hill

La mancata moderazione Facebook che prima delle elezioni era presente e poi è venuta a mancare sarebbe stata decisiva per l'assalto al Congresso

03/10/2021 di Ilaria Roncone

Prima l’inchiesta a episodi del WSJ e ora la testimonianza di un ex dipendente disposto a fornire le prove del fatto che Facebook ha attivamente contribuito alla rivolta del 6 gennaio a Capitol Hill. Se per quanto riguarda l’inchiesta del WSJ, Facebook ha potuto parlare di «false rappresentazioni» perché basate su una parte di quei documenti, la storia potrebbe essere decisamente diversa se la fonte è un ex dipendente che può fornire prove di quello che dice. Facebook, che ha già messo le mani avanti con una nota interna, afferma che i social media non sono tra le cause primarie della polarizzazione che ha portato all’estremismo massimo espresso nella realtà in fatti come quelli di Capitol Hill.

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Facebook accusato pubblicamente in tv

Lo riporta il NYT: il colosso di Mark Zuckerberg verrà accusato pubblicamente in televisione – nel corso del programma della Cbs 60 Minutes – di aver favorito l’assalto al congresso. Nick Clegg, vice presidente della politica e degli affari globali di Facebook, avrebbe anticipato il programma allo scopo di dire la sua ancor prima che l’informatore anonimo possa parlare. Quanto verrà detto nella giornata di oggi in televisione verrà poi ripetuto nel corso di un’audizione in Senato.

L’informatore è una donna che rivelerà la sua vera identità e che accuserà l’azienda basandosi su migliaia di pagine di ricerche interne che ha consegnato alla commissione. Il punto è provare come Facebook ha «funzionato in modo straordinario» fino al 3 novembre 2020 – giorno delle elezioni presidenziali Usa – dimostrando come «Facebook stia mentendo al pubblico e agli investitori riguardo l’efficacia della sua campagna per sradicare l’odio, la violenza e la disinformazione dalle sue piattaforme».

Il legame con quanto scoperto dal WSJ

Un cerchio che si chiude, in effetti, e al quale si aggiungerebbero ulteriori elementi. L’eventuale conferma che Facebook ha intenzionalmente evitato di moderare tutti i commenti – alimentando il livello di polarizzazione in merito a Trump vincitore delle elezioni – andrebbe a confermare quanto sostenuto dal WSJ: il social, infatti, avrebbe cavalcato indignazione e rabbia sociale per ottenere «più traffico e introiti pubblicitari».

(Immagine copertina: IPP/ Alex Edelman via ZUMA Wire)

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