Morta Ester Arzuffi, era la madre di Massimo Bossetti
29/04/2018 di Redazione
Ester Arzuffi, 70 anni, madre di Massimo Bossetti – condannato in appello per l’omicidio di Yara Gambirasio – è morta questa mattina in ospedale dopo una lunga malattia. La donna viveva a Terno d’Isola (provincia di Bergamo) ed era stata ricoverata presso la struttura di Ponte San Pietro. Con lei se ne va una delle figure chiave per le indagini che hanno portato all’individuazione dell’assassinio della tredicenne Yara Gambirasio, avvenuto nel novembre del 2010 e il cui corpo venne ritrovato nel febbraio del 2011 in un campo a Chignolo d’Isola.
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Ester Arzuffi morta a Ponte San Pietro: la storia
Gli investigatori, infatti, sono riusciti a risalire al dna di Massimo Bossetti attraverso una imponente comparazione con gli abitanti dell’area. In quella circostanza, si scoprì che ‘Ignoto 1’ aveva un profilo compatibile con quello del muratore di Mapello che, tuttavia, veniva da una storia familiare piuttosto complessa che aveva proprio in Ester Arzuffi una figura centrale.
«Credo che sia impossibile immaginare come possa sentirsi mio figlio in carcere da innocente – aveva detto in una recente intervista la donna -. È ovvio che Massimo sia estremamente demoralizzato. Spero solo che la forza che ha avuto fino a oggi continui». Ester Arzuffi, infatti, è sempre stata una forte sostenitrice dell’innocenza del figlio.
Ester Arzuffi ha sempre difeso Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara
Il profilo del dna che gli investigatori hanno fatto risalire a Massimo Bossetti rivelava come quest’ultimo fosse figlio naturale della donna e di Giuseppe Guerinoni (un autista di autobus di Gorno scomparso nel 1999), estraneo al nucleo familiare di Bossetti (Ester Arzuffi era sposata con un altro uomo, quello che tutti ritenevano essere il padre del muratore di Mapello).
In alcune interviste, nel corso della lunga vicenda che ha portato sino a una sentenza di secondo grado, la donna aveva negato la relazione con Giuseppe Guerinoni e aveva addirittura ventilato l’ipotesi di una inseminazione a sua insaputa: «Rimanevo incinta, ma i miei figli morivano – aveva raccontato Ester Arzuffi – così il mio ginecologo disse che bisognava dare una mano agli spermatozoi di mio marito». Il tutto in un’epoca, come quella degli anni Settanta, in cui qualsiasi esperimento di inseminazione artificiale era vietato. La rivelazione le costò una querela da parte della famiglia del suo vecchio ginecologo.
La morte di Ester Arzuffi, dunque, comporta un ulteriore ostacolo nei confronti del raggiungimento di una verità che vada oltre quella processuale. La donna era una delle poche persone che, avendo vissuto la vicenda in prima persona, avrebbe potuto fare luce su un giallo che sembra ancora avere dei punti oscuri.