Da dove arriva l’emendamento al decreto sui rave party che parla di «musica non autoctona»
Si tratta di uno screen che gira da qualche ora e che moltissime persone, tra politici e giornalisti, hanno creduto vero
03/11/2022 di Ilaria Roncone
Si tratta dello screen di un presunto emendamento decreto anti rave party che è finito anche sui canali social di Carlo Calenda. Del decreto anti rave si sta parlando moltissimo, da ieri a questa parte, soprattutto per la vaghezza e per la severità eccessiva se paragonato a norme messe in campo in merito alla questione in altri paesi europei. Nella giornata di oggi, col tema ancora estremamente caldo sui social, ha cominciato a girare lo screen di un presunto emendamento che specifica come la norma introdotta dal governo «si applica esclusivamente ai raduni con finalità ludico-ricreative, aventi ad oggetto la fruizione di musica non autoctona e il consumo di sostanze psicotrope di cui al DPR 309/1990». Il testo è firmato dal ministro dell’Interno Piantedosi.
Ma se sono rave illegali, non sono già illegali? E se sono illegali non si può semplicemente sgomberarli? Ufficio complicazioni pratiche semplici. https://t.co/Y5U4D8d45o
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) November 3, 2022
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Quell’emendamento decreto anti rave che parla di «musica non autoctona» è falso
A confermalo è la stessa persona che lo ha commentato e che lo ha messo in rete facendolo sembrare vero attorno all’ora di pranzo del 3 novembre, il giornalista Carmelo Palma.
L’emendamento del Viminale all’articolo 5 del decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, per chiare il campo di applicazione della norma anti #raveparty pic.twitter.com/GjSxNKEg0Y
— Carmelo Palma 🇮🇹🇪🇺 (@carmelopalma) November 3, 2022
Un paio d’ore dopo la pubblicazione, Palma ha condiviso una serie di thread in cui ha spiegato che si tratta di uno screen creato appositamente per fare «fare un post simil-Lercio» che invece è diventato «un piccolo esperimento sociale che mi ha insegnato che quando la realtà supera Lercio non c’è proprio un bel niente da ridere»
Insomma, pensavo di fare un post simil-Lercio, invece ho fatto un piccolo esperimento sociale, che mi ha insegnato che quando la realtà supera Lercio non c’è proprio un bel niente da ridere.
— Carmelo Palma 🇮🇹🇪🇺 (@carmelopalma) November 3, 2022
«UN BEL GIOCO DURA POCO Questa mattina ho provato a pensare a come il Governo avrebbe potuto limitare ai cosiddetti rave party una norma, che evidentemente non può definire questi raduni, e distinguerli da altri di tipo analogo, semplicemente denominandoli “rave party” – inizia il thread del giornalista – Tutte le soluzioni possibili mi sono sembrate imprecise, inattendibili o palesemente ridicole. Allora – ridicolo per ridicolo – facendo il verso al giuridichese prefettizio della norma originaria ho scritto un emendamento formalmente corretto, ma grottesco e parodistico».
«Sorpreso dalla quantità di addetti ai lavori che ci sono cascati»
Nel thread Palma fa una riflessione interessante: «L’ho poi postato sapendo che alcuni ci sarebbero cascati, ma sono rimasto sorpreso dalla quantità di addetti ai lavori dell’informazione, della politica e perfino della satira 😉 che se lo sono bevuto senza fare una piega, ritenendolo perfettamente credibile. Il che non depone affatto contro la loro professionalità: conferma invece che di fronte a un governo e a un legislatore così improbabile tutto diventa possibile e può essere creduto come vero, perché il confine razionale tra il credibile e l’incredibile è completamente saltato».
Il punto, quindi, non è tanto la mancanza di professionalità di chi ha creduto vero questo post – considerato che è stato creato apposta per indurre le persone a credere che fosse vero, considerato anche che la prima fonte è un giornalista – ma il fatto che si possa ritenere credibile un testo del genere, che dispone provvedimento di tipo penale e civile basandosi sul fatto che si ascolti o meno musica nostrana.