Non è vero che l’Italia si è «allineata» agli altri paesi europei col decreto anti rave

L'affermazione del ministro dell'Interno non trova riscontro nella realtà, che vede i più grandi paesi europei avere leggi meno restrittive di quella proposta dal governo Meloni

02/11/2022 di Ilaria Roncone

Quanto sia vago il testo del decreto anti rave party lo abbiamo approfondito questa mattina: anche se il ministro dell’Interno ha voluto rassicurare rispetto all’applicazione del decreto legge, la verità è che la parola rave non compare nemmeno una volta e si fa riferimento a “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. Una definizione che, ovviamente, è suscettibile ad interpretazione. Vogliamo concentrarci, adesso, su un’altra parte dell’intervista rilasciata da Piantedosi; il ministro, infatti, ha affermato che lo scopo di tutto questo è quello di «allineare» l’Italia «alla legislazione degli altri Paesi europei».

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Decreto anti rave, cosa dice la legge negli altri paesi europei?

Come ha puntualizzato anche Pagella Politica, le regole degli altri paesi – quantomeno quando si tratta dei più grandi ovvero Germania, Francia, Spagna e Regno Unito – non sono restrittive come quelle che il governo Meloni sta introducendo. Il punto fondamentale è che dove ci sono regole contro i rave queste sono state scritte – a differenza di ciò che è accaduto in Italia – facendo dei riferimenti molto più precisi e dettagliati a questa tipologia di raduno.

In un’Italia in cui i raduni rave sono comunque sempre stati sgomberati a prescindere dalla legge facendo riferimento a reati già esistenti come la violazione di proprietà privata o l’invasione di terreni o edifici, la legge che è stata appositamente creata dalla squadra di Meloni stabilisce «pena della reclusione da tre a sei anni» e «multa da euro mille a euro 10 mila» per «chiunque organizza o promuove l’invasione» che deve comprendere almeno 50 persone. Alle autorità viene anche data la facoltà di sequestrare l’eventuale strumentazione utilizzata da chi commette il reato. Un testo vago, quindi, e criticato su più fronti per l’ampio spazio interpretativo che concede. Risulta però opportuno chiarire anche – oltre alla questione vaghezza – il fatto che gli altri paesi non abbiano regole alle quali ci siamo effettivamente allineati.

Partiamo dalle regole in Francia: il Code de la sécurité intérieure parla di «raduni esclusivamente festivi a carattere musicale» nella sezione dedicata alle «manifestazioni su suolo pubblico» affermando che gli organizzatori devono ricevere una specifica autorizzazione dal sindaco o dal prefetto locale se all’evento è prevista la partecipazione di oltre 500 persone. Oltre a questo, alla domanda devono essere allegate le autorizzazione all’occupazione rilasciate dai proprietari dei terreni e una dichiarazione in cui spiegano le misure relative a sicurezza, igiene e rispetto della quiete pubblica adottate nel corso dell’evento. Nel caso le autorizzazioni richieste non siano state presentate, gli organizzatori sono soggetti a una multa di 7.500 e a sei mesi di carcere.

Passando al Regno Unito, in questo caso i rave party vengono regolamentati tramite il Criminal Justice and Public Order Act del 1994. In questo caso il testo parla in maniera esplicita di rave party – che vengono descritti come «raduni all’aperto di 20 o più persone» – come manifestazioni che invadono o meno una proprietà privata e che prevedono musica ad alto volume durante la notte con «beat ripetitivi» tale da causare disagio ai residenti. I partecipanti possono essere puniti con multa e incarcerazione fino a tre mesi.

Spagna e Germania, invece, non prevedono leggi specifiche in materia di contrasto ai rave party. Chi organizza rave party può essere accusato di varie fattispecie di reato secondo una serie di disposizioni regionali a partire dall’occupazione illecita di suolo pubblico.

(Foto IPP/Imago)

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