Elezioni Sardegna, quel «Lega-Pd 6-0» rivendicato da Salvini è più simile a un 4-2
25/02/2019 di Gianmichele Laino
Nell’analisi del voto bisogna essere precisi e onesti. Bisogna saper analizzare le sconfitte senza negarle (come fa da sempre il Movimento 5 Stelle quando si tratta di tornate elettorali diverse dalle politiche) e bisogna riconoscere le vittorie senza esagerare. Quando si esagera è perché si vuole dare una dimostrazione di forza ai propri elettori, a quelli degli altri e ai partiti avversari. Matteo Salvini nell’analizzare il risultato delle elezioni Sardegna ha probabilmente esagerato.
Elezioni Sardegna, per Salvini è Lega-Pd 6-0
«Dalle politiche a oggi se c’è una cosa certa è che su sei consultazioni elettorali, la Lega vince 6 a zero sul Pd – ha detto il ministro dell’Interno -. Anche in Sardegna, dopo il Friuli, il Molise, Trento, Bolzano e l’Abruzzo i cittadini hanno scelto di far governare la Lega. E come in Abruzzo anche in Sardegna è la prima volta che ci presentiamo alle Regionali. Grazie a tutti quelli che hanno deciso di darci fiducia».
Ormai il dato è chiaro e le posizioni sono cristallizzate. Christian Solinas, candidato del centrodestra, ha vinto le elezioni nell’isola, staccando nettamente la coalizione di centrosinistra. Per non parlare della débacle totale del M5S che ha superato a malapena la soglia psicologica del 10% fermandosi all’11. Lo stesso Massimo Zedda, candidato della sinistra, ha ammesso la sconfitta: «Il risultato dà la vittoria al centrodestra – ha detto -. Ho provato a chiamare Christian Solinas e gli ho già mandato un messaggio per augurargli buon lavoro. Ci davano per inesistenti, invece ci siamo, eccome. Abbiamo battuto il Movimento 5 stelle, la prossima volta batteremo il centrodestra».
Elezioni Sardegna: al massimo è un 4-2
Tuttavia, Matteo Salvini non ha parlato – come ha fatto il rappresentante della parte opposta – di una sfida tra coalizioni. Il leader del Carroccio ha parlato di un risultato tennistico della Lega sul Pd. Ha parlato di partiti, insomma. Ma i risultati delle ultime elezioni regionali, da questo punto di vista, non sono un 6-0 della Lega sul Pd. Al massimo un 4-2.
Già, perché se si eccettua il Friuli Venezia Giulia (dove, tra le altre cose, il capolista della coalizione di centrodestra Massimiliano Fedriga, faceva parte proprio del partito di Matteo Salvini) e le province autonome di Trento e Bolzano (dove, tuttavia, la geografia del voto è molto diversa da quella nazionale, a causa della presenza delle forti formazioni territoriali che si apparentano ora con una coalizione ora con l’altra), la distanza tra Lega e Partito Democratico è minore di quanto possa sembrare.
La Lega sa scegliersi gli alleati
In Abruzzo, la Lega ha vinto bene sul Pd, uscendo come primo partito in regione con uno straordinario e inaspettato 27% (contro l’11,4 del Pd che si dovrebbe sommare almeno con il 5,5 della lista di Giovanni Legnini). Ma sia in Molise (Lega 8% – Pd 9%), sia in Sardegna (i dati attuali danno il Pd al 13% contro l’11,8% della Lega), i dem hanno superato in termini assoluti i risultati del Carroccio.
Nulla da togliere all’avanzata di Salvini, ma bisogna riflettere sul fatto che questa sensazione di onnipotenza di cui il leader leghista si circonda è data dal suo allearsi con il cavallo giusto: al governo sta con il M5S che nelle elezioni locali è inesistente; nelle tornate amministrative sta nella casa del centro-destra che è molto ampia e che, pertanto, può garantirgli un appoggio notevole. Dove sarebbe arrivata una Lega che si fosse presentata da sola?
FOTO: ANSA/EMANUELE PENNACCHIO