Facebook non riesce a etichettare l’80% della disinformazione sulle armi biologiche

Stiamo parlando della stragrande maggioranza delle informazioni già debunkerare sul tema che continuano a raggiungere milioni di utenti

01/04/2022 di Ilaria Roncone

Le teorie cospirazioniste sulle armi biologiche continuano a trovare ampio spazio su Facebook. Si tratta di una vecchia storia che è tra i cavalli di battaglia della propaganda russa contro l’Ucraina secondo la quale nel paese ci sarebbero una serie di laboratori nel territorio del paese gestiti dagli Stati Uniti. Uno studio del Center for Countering Digital Hate (CCDH) conferma che Meta non riesce a etichettare come “informazioni false” o “contesto mancante” l’80% dei post che fanno disinformazione armi biologiche Facebook con tutte le conseguenze del caso, considerato che si tratta della stragrande maggioranza dei contenuti.

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Disinformazione armi biologiche Facebook, l’azienda non riesce ad arginarla

Facebook e tutte le altre piattaforme social hanno promesso di fare tutto quello che è in loro potere per arginare la disinformazione ma – come dimostrano una serie di studi condotti di recente – non riescono nel loro intento. La conseguenza è che una serie di narrazioni già precedentemente smentite continua a raggiungere un bacino di utenti che conta milioni di individui. L’indagine che ha portato alla luce questi dati è stata fatta prendendo in esame un campione di post tra il 24 febbraio e il 14 marzo 2022 e utilizzando lo strumento di analisi sociale NewsWhip. Quello che è emerso è che nell’80% dei casi di post che riportavano articoli esterni (oltre 120) con fake news sulle armi biologiche non venivano etichettati come falsi in alcun modo.

Duro l’attacco dell’AD dell’organizzazione no profit: «Se i nostri ricercatori possono identificare le false informazioni sull’Ucraina che circolano apertamente sulla sua piattaforma, è nella capacità di Meta di fare lo stesso». Pur essendo una storia vecchia, la questione ha ripreso piede nei primi giorni della guerra rimbalzando da account marginali di QAnon a account più seguiti come Fox News.

Se da un lato alcune ricerche – come riporta il Guardian – se da un lato alcuni esperti ammettono che Facebook sta facendo una serie di sforzi per arginare in maniera più efficace la propaganda, dall’altro la disinformazione continuerà a diffondersi sui social media fino a che il modello di business sarà quello guidato dalle visualizzazioni.

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