Zeno-Zencovich sulla deindicizzazione: «Non tocca il diritto di cronaca e responsabilizza le autorità giudiziarie»

L'esperto di Diritto dell'Informazione ha spiegato a Giornalettismo gli effetti dell'emendamento Costa alla Riforma Cartabia sul diritto all'oblio

03/01/2023 di Enzo Boldi

Da una parte c’è il diritto all’oblio, dall’altra l’atavico tema del limite del diritto di cronaca. Dopo l’entrata in vigore – dal 1° gennaio 2023 – della riforma del processo e del sistema sanzionatorio penale (la cosiddetta Riforma Cartabia), sono diventate effettive anche le nuove regole – inserite nell’emendamento (approvato) che ha visto come primo firmatario l’attuale deputato di Azione, Enrico Costa – sulla deindicizzazione degli articoli dai motori di ricerca su richiesta di quelle persone che vogliono far valere il proprio diritto all’oblio. Un tema dibattuto da tempo che riguarda l’informazione, ma anche la gestione delle fonti primarie quando si parla di giornalisti che fanno cronaca giudiziaria (quindi le Procure e le autorità giudiziarie).

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Nel corso degli anni, perché questo è un argomento di cui si dibatte fin dalla fine del Secolo scorso, il dibattito attorno al diritto all’oblio è stato oggetto di diverse decisioni. A volte nazionali, altre a livello di Unione Europea. Ma legiferare in quella direzione è sempre stato complicato e irto di ostacoli (ideologici e non solo). E le stesse istituzioni UE hanno provato a responsabilizzare le aziende Big Tech, cercando di coinvolgerle nel processo di deindicizzazione (come accade con Google, il principale motore di ricerca) anche se la loro sede legale è in Paesi terzi, fuori dai confini europei.

Diritto all’oblio, il pensiero del giurista Vincenzo Zeno-Zencovich

Si arriverà mai a una sintesi per tutelare il diritto all’oblio di ogni singolo cittadino e la possibilità di raccontare – giornalisticamente – la sua storia (in tutte le sfaccettature, considerando dunque anche le assoluzione, i non luogo a procedere e i proscioglimenti)? Ne abbiamo parlato con il giurista, Professore di Diritto Comparato (facoltà di Giurisprudenza all’Università degli Studi Roma Tre) ed esperto di Diritto dell’Informazione, Vincenzo Zeno-Zencovich: «Il tema della deindicizzazione dei contenuti presenti in rete è molto ambiguo. Perché da una parte c’è un ordinamento che non può essere in grado di controllare il flusso delle informazioni, dall’altro il fatto che la maggior parte degli operatori di Internet – i motori di ricerca, ndr – che operano anche in Europa hanno sede legale al di fuori dei confini UE».

Negli ultimi tempi, però, le stesse istituzioni del Vecchio Continente hanno provato a dare una regolamentazione più univoca rispetto al passato: «Nel corso degli anni, si sono susseguite una lunga serie di iniziative da parte dell’Unione Europea. L’ultima è il Digital Service Act che, di fatto, demanda ai gestori della rete le operazioni di polizia e pulizia – ha spiegato Zeno-Zencovich a Giornalettismo -. Poi ci sono anche altre disposizioni da parte delle istituzioni Europee che hanno preso almeno 70 decisioni sul tema della gestione di queste vicende. Uno dei simboli di tutto ciò è la recente decisione della Corte di Giustizia UE, su indicazione dell’Avvocato Generale Giovanni Pitruzzella, che ha disposto che una “una domanda di deindicizzazione basata sulla pretesa falsità delle informazioni obbliga il gestore del motore di ricerca ad effettuare le verifiche che rientrano nelle sue concrete possibilità”. Dunque, non c’è bisogno di attendere un provvedimento che ordini la deindicizzazione».

Il diritto di cronaca è a rischio?

Ma l’entrata in vigore dell’emendamento – contestualmente alla Riforma Cartabia – ha sollevato anche una questione: quella del diritto di cronaca. Tutto ciò, con questa norma sulla deindicizzazione, è a rischio? Secondo Zeno-Zencovich non ci devono essere preoccupazioni, perché i principi cardine dell’informazione giornalistica rimarranno integri e intatti: «È consolidato che la verità della notizia nel momento in cui viene diffusa è un principio che non sarà toccato. Poi, però, quella stessa notizia deve essere aggiornata durante il procedimento, anche (se non soprattutto) in caso di non luogo a procedere o assoluzione nei confronti della persona di cui si parla in determinati articoli». Dunque, il giurista – esperto di diritto dell’informazione – sottolinea anche che lo spazio della notizia di un’assoluzione debba essere lo stesso utilizzato per dare notizia di un procedimento aperto.

Un discorso che, però, deve tener conto di quella che Zeno-Zencovich non esita a definire una “situazione singolare”. A cosa fa riferimento? «La deindicizzazione può essere un antidoto a un male nostrano. Se le Procure, con i pm spesso alla ricerca delle copertine per farsi pubblicità, la smettessero di fare annunci diffondendo nomi, tutto questo sistema che poi porta a innumerevoli richieste di diritto all’oblio sarebbe tagliato alla radice. E questa decisione, vedendo la situazione dalla giusta distanza, responsabilizza le autorità giudiziarie». Dunque, le fonti primarie – in questo caso i Pubblici Ministeri – dovrebbero evitare di diffondere nomi degli indagati. Almeno fino al rinvio a giudizio e al processo.

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