Come si comportano già i motori di ricerca sul diritto all’oblio (e cosa cambierà ora)

L'entrata in vigore della riforma Cartabia, con l'emendamento Costa sulla deindicizzazione, cambia le regole di ingaggio anche per i quotidiani online

03/01/2023 di Redazione

Il tema del diritto all’oblio è entrato di diritto tra gli argomenti che modificheranno l’ecosistema online. Non solo per quel che riguarda gli organi di informazione, ma anche per i motori di ricerca. Dal 1° gennaio scorso, infatti, con l’entrata in vigore della Riforma della Giustizia firmata dall’ex Ministra Cartabia è diventato effettivo anche un emendamento presentato dal deputato (ora) di Azione Enrico Costa. E nel testo si fa riferimento al principio della deindicizzazione degli articoli in cui è presente il nome di una persona prima indagata e che poi ha ricevuto una sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione.

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Si tratta di un tema fondamentale che ha provocato moltissime reazioni, soprattutto sul fronte della stampa che – nella maggior parte dei casi – valuta questo provvedimento come penalizzante per le testate online. Ma i motori di ricerca si erano già adoperati (ma con un principio normativo differente) negli scorsi anni per consentire a ogni singolo cittadino di procedere in autonomia per inoltrare la richiesta di deindicizzazione di uno o più articoli presenti all’interno dei motori di ricerca.

Diritto all’oblio, come si comportano i motori di ricerca: Google

Ovviamente, quando si parla di motori di ricerca non si può non fare riferimento a Google, quello più consultato e utilizzato dagli utenti di tutto il mondo. E proprio la ciliegina sulla torta di Mountain View ha introdotto una pagina per consentire all’utente di procedere con la richiesta di diritto all’oblio. Il form è da compilare con i propri dati e le motivazioni della richiesta. Ma perché si è arrivati a tutto ciò? Perché nel maggio del 2014, il Garante spagnolo per la Protezione dei dati personali ordinò proprio a Google di deindicizzare i contenuti online (presenti sul motore di ricerca) relativi a un 16enne su cui era stato aperto un procedimento per riscossione dei crediti. Lo stesso giovane, cercando il suo nome sul motore di ricerca, continuava a trovare articoli di quotidiani online che parlavano della sua storia, nonostante quella procedura si fosse conclusa con una assoluzione.

La genesi

Ed è qui che fece valere il proprio diritto all’oblio, rivolgendosi al Garante per la Privacy spagnolo che impose a Google la deindicizzazione degli articoli che riportavano al nome del 16enne. E nello stesso anno arrivò anche la decisione della Corte di Giustizia UE che determinò due punti fondamentali: il primo indica il motore di ricerca come responsabile del trattamento dati personali e, dunque, della presenza di un nome all’interno delle ricerche; il secondo, ancor più importante, spiega che i motori di ricerca (anche se hanno la propria sede nei Paesi Extra-UE) che operano nel Vecchio Continente, sono soggetti alla legislazione Europea.

Da quel momento, Google iniziò a rispettare i precetti indicati prima dalla decisione del GPDP spagnolo (poi estesa a tutti i Paesi Europei con la sentenza della Corte di Giustizia UE), inserendo la possibilità di procedere in autonomia con la richiesta di deindicizzazione, come spiegato dall’azienda sul proprio blog dove vengono indicate le procedure dopo aver compilato il modulo online per la richiesta di diritto all’oblio sui motori di ricerca:

«Riceverai una risposta automatica che conferma la ricezione della tua richiesta. Dopodiché valuteremo il tuo caso (tieni presente che potrebbe occorrere un po’ di tempo perché abbiamo già ricevuto tante richieste simili). Nel valutare la richiesta, considereremo se i risultati includono informazioni obsolete relative alla tua vita privata. Considereremo inoltre se vi è un interesse pubblico a che le informazioni rimangano nei nostri risultati delle ricerche, ad esempio se riguardano frodi finanziarie, negligenza professionale, condanne penali o la tua condotta pubblica in relazione a un pubblico ufficio (eletto o non eletto). Queste valutazioni sono complesse e, in quanto organizzazione privata, potremmo non essere nella posizione giusta per prendere decisioni in merito al tuo caso. Se non sei d’accordo con la nostra valutazione, puoi rivolgerti all’Autorità garante per la protezione dei dati personali nel tuo paese. Riceverai una risposta automatica che conferma la ricezione della tua richiesta. Dopodiché valuteremo il tuo caso (tieni presente che potrebbe occorrere un po’ di tempo perché abbiamo già ricevuto tante richieste simili). Nel valutare la richiesta, considereremo se i risultati includono informazioni obsolete relative alla tua vita privata. Considereremo inoltre se vi è un interesse pubblico a che le informazioni rimangano nei nostri risultati delle ricerche, ad esempio se riguardano frodi finanziarie, negligenza professionale, condanne penali o la tua condotta pubblica in relazione a un pubblico ufficio (eletto o non eletto). Queste valutazioni sono complesse e, in quanto organizzazione privata, potremmo non essere nella posizione giusta per prendere decisioni in merito al tuo caso. Se non sei d’accordo con la nostra valutazione, puoi rivolgerti all’Autorità garante per la protezione dei dati personali nel tuo Paese».

Cosa cambia con la riforma Cartabia (e l’emendamento Costa)

Dunque, un modo per far valere il proprio diritto all’oblio in rete esiste già. Ma il giudizio (positivo o negativo) sulla richiesta non arrivava in automatico, ma solo dopo una valutazione dello staff del motore di ricerca. E ora cosa succede? Con l’emendamento Costa approvato all’interno della Riforma Cartabia entrata in vigore alla mezzanotte del 1° gennaio 2023, questo passaggio sarà automatico. Il testo di quella che, ormai, è legge prevede che

«il decreto di archiviazione, la sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione, costituiscano titolo per l’emissione del provvedimento di deindicizzazione che, nel rispetto della normativa europea in materia di dati personali, garantisca in modo effettivo il diritto all’oblio degli indagati o imputati».

Dunque, basterà la sentenza di assoluzione e di non luogo a procedere per consentire al singolo cittadino di contattare i motori di ricerca per chiedere la deindicizzazione. E, a differenza di quel che accadeva fino a pochi giorni fa, la cancellazione di tutti i riferimenti online dovrà avvenire in automatico, senza dover attendere la valutazione dello staff.

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