Siete sicuri che il vostro Black Friday sia compatibile con la direttiva europea del 2019?
C'è una questione sullo sconto che deve essere presa in considerazione: altrimenti, c'è il rischio truffa
25/11/2022 di Gianmichele Laino
Per evitare che il tuo Black Friday non si trasformi in un venerdì nero, è bene fare acquisti in maniera consapevole, attenta e – soprattutto – non frettolosa. È vero che, negli ultimi tempi, la tendenza – soprattutto nel mondo dell’e-commerce di Amazon (con cui la tradizione del Black Friday ha effettivamente preso piede in tutto il mondo) – è quella di estendere a più giorni le occasioni e le scontistiche che, in passato, erano concentrate tutte in 24 ore. Ma è pur vero che la truffa è sempre in agguato. Uno dei modi per cercare di evitare tutto questo è sicuramente quello di assicurarsi che le promozioni a cui stiamo aderendo siano compatibili con un regolamento europeo approvato nel 2019, che ha avuto origine proprio dal proliferare degli sconti sulle piattaforme di e-commerce e che punta effettivamente a tutelare il consumatore in circostanze analoghe al Black Friday: si tratta della direttiva Omnibus 2019/2161.
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Direttiva Omnibus 2019/2161 e Black Friday: cosa c’è da sapere
La direttiva omnibus 2019/2161 afferma che il rivenditore, in presenza di una scontistica dedicata, deve indicare sempre e comunque il prezzo di partenza che, però, non può essere un generico valore che il commerciante ha attribuito in passato a quell’articolo messo in vendita. Infatti, il prezzo su cui va applicato lo sconto deve essere obbligatoriamente il più basso nei trenta giorni precedenti alla messa in vendita in saldo.
Dunque, se – in un negozio di calzature in e-commerce – un paio di scarpe costava originariamente 100 euro, ma a inizio novembre è stato messo in vendita a 80 euro, un eventuale sconto del 50% in occasione del Black Friday deve essere applicato sugli 80 euro e non sui 100 euro iniziali. Soltanto così l’applicazione dello sconto per il Black Friday sarà compatibile con il regolamento europeo.
Anche in assenza di una ricezione diretta della direttiva all’interno della giurisdizione di uno degli Stati membri dell’Unione Europea, questa tipologia di regolamento può essere direttamente applicabile. Dunque, non possono sussistere scusanti – per i rivenditori tradizionali, ma anche e soprattutto per quelli in e-commerce – relative a ritardi nell’adeguamento della norma europea alla legge del Paese all’interno del quale avviene la transazione.