Su quali presupposti si basa la costruzione di una scuola digitale (e su quali voci di spesa)

Da tempo si discute della possibile realizzazione di una piattaforma di interconnessione unica e nazionale delle scuole italiane, ma la politica sembra aver dimenticato questa esigenza

02/01/2023 di Redazione

Ci sono degli aspetti su cui si sta lavorando da tempo e che, incontrando la favorevole occasione del Pnrr, avrebbero potuto cambiare ulteriormente il mondo della scuola. Verso la direzione della digitalizzazione, della modernità e dell’innovazione tecnologica. Ci ha lavorato l’Unione Europea, ci ha lavorato il precedente esecutivo. Tuttavia, come dimostra la vicenda dei 35 milioni di euro destinati alla creazione di una piattaforma di rete unica per le scuole italiane – che erano stati previsti per il 2022, ma che sembrano essere spariti dall’agenda politica -, sembra che ci sia una sorta di rallentamento da questo punto di vista.

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Digitalizzazione della scuola, la visione di chi cerca di metterla in rete e chi, invece, non muove foglia

Nell’ultimo anno, il Movimento 5 Stelle è stato molto attivo sul tema della digitalizzazione della scuola, incontrando anche una favorevole cooperazione da parte di altre forze politiche. A suo tempo, infatti, la senatrice Maria Laura Mantovani aveva raccolto il consenso di tutte le sensibilità parlamentari su un disegno di legge che metteva a disposizione 135 milioni di euro per organizzare un centro di eccellenza, un raduno delle competenze e per fare delle opportune assunzioni per fare delle scuole italiane un polo telematicamente avanzato, che potesse contare su piattaforme per la didattica integrata di proprietà dello stato, senza dover delegare questo aspetto alle grandi aziende di Big Tech, coinvolte troppo spesso nella trasmissione dei dati verso Paesi terzi in maniera non conforme al GDPR (su questo aspetto, Giornalettismo ha incentrato il suo talk Sprint a metà novembre del 2022).

Su questo aspetto, la politica – il precedente governo, ma anche il nuovo – ha deciso di non decidere: a differenza che in Francia, strumenti come Microsoft 365 e Google sono ancora utilizzati nelle scuole italiane, sono ancora ampiamente predominanti, nonostante le eccezioni di cui sopra.

Sempre per quanto riguarda il M5S e il ruolo della sottosegretaria (nel precedente esecutivo) Barbara Floridia, nella passata legislatura progetti come Digital board – che hanno dotato le scuole di attrezzature informatiche per le scuole – hanno preso piede e hanno cercato di dare il loro contributo alla digitalizzazione dell’istruzione in Italia. In verità, non soltanto alla didattica, ma anche all’amministrazione scolastica. Non è un caso se oggi stiamo ancora parlando di problematiche relative ad algoritmi e a sistemi informatizzati che, per la nomina dei supplenti o per le assegnazioni in ruolo nelle scuole, commettono degli errori che rischiano di rappresentare un problema per docenti e alunni, nell’ambito dell’istruzione italiana.

L’esigenza di una digitalizzazione della scuola

Alla luce di tutto questo, risuonano ancora le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno: il capo dello Stato ha chiesto che si possa guardare al presente con gli occhi del futuro, attribuendo la giusta importanza alle nuove tecnologie, insistendo sui temi della ricerca scientifica, della transizione ecologica e – ovviamente – della transizione digitale. A questo proposito, una delle attrici coinvolte nel tentativo di rendere la scuola più moderna nella passata legislatura, la ex senatrice Maria Laura Mantovani, ha scritto sui social network: «La cultura digitale deve garantire le libertà dei cittadini. Attenzione la specificazione è d’obbligo perché c’è anche all’opposto una cultura che priva i cittadini delle libertà. Dobbiamo conoscere e vigilare. Si dovrebbe aggiungere a libertà digitale anche democrazia digitale. Su questi temi la scuola è fondamentale. Quello che si insegna a scuola non è neutro nel campi della scienza, della tecnologia e della digitalizzazione. L’etica, la tensione al bene ci devono permettere di orientare sempre le direzioni che prendono la scienza e la tecnologia, ma lo possiamo fare solo se scienza e tecnologia le conosciamo bene».

Foto/IPP/Gioia Botteghi – Roma

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