Che fine hanno fatto i 35 milioni di euro previsti dal PNRR per la digitalizzazione della scuola?

Giornalettismo ha ottenuto il testo dell'interrogazione parlamentare con cui si chiede conto del denaro dell'utilizzo del denaro del PNRR destinato a una rete di interconnessione dell'Istruzione

02/01/2023 di Redazione

Istituzione della rete di interconnessione unica nazionale dell’Istruzione“: questo l’oggetto del disegno di legge A.S. 2142 presentato il 17 marzo 2021 di cui Barbara Floridia – politica e insegnante italiana, sottosegretaria di Stato al Ministero dell’istruzione nel governo Draghi in quota 5 Stelle – ha chiesto conto in un’interrogazione parlamentare all’indirizzo dei ministri dell’Istruzione e del Merito, per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR. Nell’ambito della giornata che la redazione di Giornalettismo sta dedicando al problema dell’algoritmo per la nomina dei docenti supplenti e al conseguente ricorso fatto e vinto da un candidato, che ha ora diritto ad essere risarcito con un posto di lavoro a termine come supplente.

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L’interrogazione parlamentare sui 35 milioni di euro per la digitalizzazione della scuola

Considerato che la procedura di assegnazione delle cattedre ai supplenti è stata gestita in una maniera tale da condurre a un errore – e al rischio che, dopo la vittoria di questo candidato, ci sia una pioggia di ricorsi -, è sensato chiedersi dove sia finito il denaro previsto dal PNRR per la digitalizzazione della scuola chiedendo conto del se e del come possa essere stato (o non) utilizzato.

Le premesse dell’interrogazione presentata dalla docente e politica Floridia sono chiare. Considerato il disegno di legge di cui sopra – volto ad «assicurare il coordinamento delle piattaforme, dei sistemi e dei dati tra scuole, uffici scolastici regionali e Ministero dell’istruzione, l’omogeneità nell’elaborazione e nella trasmissione dei dati, il corretto funzionamento della didattica digitale integrata e la realizzazione e gestione dei servizi connessi alle attività predette» – che è stato assegnato alla 7ª Commissione permanente del Senato e che non è mai stato discusso, si chiede ufficialmente «se sia stato definito un cronoprogramma degli interventi da porre in essere e, in tal caso, quali siano gli interventi previsti» con le cifre destinate allo scopo.

Parlando specificatamente di cifre, nell’interrogazione si fa menzione dell’incremento del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) nel periodo 2021-2027 con 15,5 miliardi di euro complessivi «al fine di accelerare la capacità di utilizzo delle risorse e di realizzazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)». In particolar modo – si legge nel testo dell’interrogazione – «risultano destinati 35 milioni di euro per il 2022, 45 milioni di euro per il 2023 e 55 milioni di euro per il 2024» per la rete unica di coordinamento scolastico. Proprio dei 35 milioni che – con l’anno 2022 appena terminato – dovrebbero già essere stati spesi si chiede esplicitamente conto domandando anche «quali siano gli orientamenti dei Ministri in indirizzo rispetto all’istituzione della rete di interconnessione unica nazionale dell’istruzione e se gli eventuali interventi previsti siano in linea con i contenuti del citato disegno di legge A.S. 2142».

La necessità imprescindibile di una rete di interconnessione unica

Le ragioni per le quali docenti, studenti e amministrazione dovrebbero poter viaggiare su una rete unica le abbiamo – tra le altre cose – già approfondite con la puntata monografica che abbiamo dedicato alla DAD. Il punto è, innanzitutto, il trattamento dei dati che per la DAD – in Italia – è stato affidato ai colossi Big Tech come Google e Microsoft avendo maggiormente sfruttato per lo scopo, durante la pandemia, piattaforme come Meets e Teams (alle quali, comunque, sono state create una serie di alternative italiane che – però – non fanno riferimento a un unico sistema centralizzato che sarebbe, per ovvie ragioni, più facile gestire).

Al netto del fatto che la digitalizzazione della scuola sembri essere sempre un po’ ai margini dei provvedimenti dei governi, una interrogazione parlamentare di questo genere pone l’attenzione non solo su quanto si sta facendo (o non facendo) per la digitalizzazione nell’ambito scolastico ma anche di come vengono gestite le cifre disposte per lo scopo.

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