La divulgazione scientifica non può essere improvvisata, è questione di scelte. L’opinione della logopedista Deborah Auteri

Auteri è una logopedista che ha collaborato con alcune testate giornalistiche in passato e che sui social, in particolare Instagram, ha iniziato a fare divulgazione scientifica sui temi legati alla propria professione

31/01/2023 di Redazione Giornalettismo

Deborah Auteri è una logopedista che durante il lockdown ha iniziato a utilizzare i social, in particolare Instagram, per raccontare alcuni aspetti del suo lavoro svolto fino a quel momento in ambulatorio. «I social erano un mezzo per essere di supporto, seppure in modo diverso, ai genitori i cui figli non potevano più frequentare l’ambulatorio a causa del Covid, ma mi hanno anche dato l’occasione di parlare a molte più persone», spiega.

Abbiamo contattato Auteri e altri divulgatori scientifici che utilizzano i social per le proprie attività informative per costruire l’approfondimento di oggi di Giornalettismo, basato sul rapporto tra divulgazione scientifica, in particolare quella medico-sanitaria, e l’informazione tradizionale. Auteri ha risposto infatti ad alcune domande riguardanti la divulgazione scientifica offline dal punto di vista di chi si occupa di informare su temi che hanno a che fare con la medicina e la salute attraverso i social network.

LEGGI ANCHE > «Un divulgatore scientifico riporta le raccomandazioni in maniera oggettiva»: intervista a Ostetrica in Rosa

L’opinione di Deborah Auteri. «Bisogna prestare attenzione al confine tra divulgatore scientifico e influencer»

Secondo Auteri la divulgazione scientifica fatta sui media tradizionali ha diverse incognite: «Può variare da giornale a giornale e la correttezza dell’informazione dipende molto dalle scelte che un certo giornale fa in questo campo. Bisognerebbe chiedersi non tanto se la divulgazione scientifica oggi sia efficace oppure no nel raggiungere l’obiettivo di informare il pubblico, ma cosa c’è dietro la scelta di un giornale di raccogliere l’opinione di un certo divulgatore o divulgatrice, quindi chiedersi come ha scelto quel professionista, per esempio. C’è una selezione seria oppure ci si affida a una figura, magari conosciuta grazie ai social, senza prestare troppa attenzione?». «In realtà il problema è a monte», spiega, «perché da quando esistono i social il meccanismo che funziona di più è quello del “passaparola” ma è venuto anche meno il confine tra divulgatore scientifico e influencer: per questo bisogna essere tanto più attenti nella scelta dei professionisti soprattutto se questi ultimi si affermano attraverso i social».

«A me piace informare, per questo non mi precludo nessuna possibilità: ho collaborato in passato con alcuni giornali e in futuro non credo che farò una scelta esclusiva. Utilizzerò ancora i social e si ci sarà occasione valuterò anche altri modi di fare divulgazione scientifica», dice.

Per migliorare la qualità della divulgazione scientifica in ambito medico-sanitario, secondo Auteri, i giornali e gli altri media tradizionali potrebbero iniziare dall’accertarsi che le persone che scelgono, per esempio per le collaborazioni, siano effettivamente competenti. Si tratta di una verifica molto più difficile da attuare sui social, che funzionano grazie agli algoritmi e dove i contenuti ottengono molte visualizzazioni pur non essendo verificati in modo tempestivo.

Share this article