Il rapporto tra disinformazione, divulgazione scientifica sui social e i “trend” del momento

Gli ultimi report indicano che le notizie false in ambito sanitario, soprattutto quelle riferite al COVID-19, sono ancora molto diffuse. Inoltre, i social network in alcuni casi possono contribuire a diffondere disinformazione

31/01/2023 di Giordana Battisti

Secondo il report mensile sulla disinformazione di IDMO, l’osservatorio italiano sui media digitali, pubblicato il 25 gennaio 2023 e riferito al mese precedente, in Italia sono rimasti stabili i principali trend della disinformazione: i cinque progetti editoriali italiani che si occupano abitualmente di contrasto alla disinformazione e che hanno contribuito al report (BlastingNews, Bufale.net, Facta, Open, Pagella Politica) hanno pubblicato, a dicembre del 2022, un totale di 237 articoli di fact-checking; tra questi 44, cioè il 18,6%, avevano per oggetto la pandemia, 37 la guerra in Ucraina e 14 il cambiamento climatico. La disinformazione sulla pandemia e sul COVID-19 a dicembre del 2022 è rimasta «sui livelli relativamente elevati registrati a novembre, i più alti da giugno 2022», scrive IDMO. Durante pandemia si sono diffuse numerose informazioni false riguardanti il COVID-19, in particolare sulle false cure e sull’origine del virus, e poi riguardanti i vaccini. NewsGuard, un progetto volto contrastare la disinformazione anche individuando i siti Web che diffondono notizie false, finora ha identificato 635 siti Web che hanno pubblicato disinformazione sul COVID-19 negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada, Francia, Germania e tra questi ci sono anche 67 siti Web che hanno pubblicato notizie di questo genere in Italia.

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Tra divulgazione, disinformazione e social network: c’è una distinzione da fare

I principali social network vengono utilizzati sempre più di frequente dai medici e dai professionisti nell’ambito sanitario come mezzo per le proprie attività di divulgazione. Proprio perché questo fenomeno è sempre più diffuso occorre distinguere tra chi si occupa di divulgazione impiegando il proprio tempo per studiare e preparare i contenuti da pubblicare online e quindi ha acquisito nel tempo delle competenze specifiche nel campo della comunicazione applicata, in questo caso, all’ambito sanitario e tra chi invece seguendo i trend del momento pubblica dei contenuti meno seri o impegnativi, correndo il rischio di diffondere notizie false.

Questa seconda tendenza è collegata in particolare all’utilizzo di TikTok, social network diventato molto popolare durante la pandemia, dove in ogni momento si afferma un certo trend che gli utenti interpretano e ripropongono e dove le persone, spinte dalla volontà di “andare virali”, cioè di ottenere molte visualizzazioni, condividono contenuti perlopiù leggeri e di intrattenimento. La questione diventa più complessa quando l’argomento che fa da sfondo a questi contenuti è legato all’ambito sanitario o più in generale alla salute. Il rischio è quello di diffondere informazioni false o dannose, con conseguenze anche gravi: è il caso dell’account TikTok @dinutrizione, che ad oggi ha più di 43mila follower, gestito da una nutrizionista che pubblica contenuti ritenuti non propriamente professionali riguardanti l’alimentazione. Ci sono poi casi in cui questi contenuti vengono registrati sul posto di lavoro, per esempio in un ospedale: si tratta non solo di un comportamento non professionale che potrebbe rappresentare un rischio per la sicurezza dei pazienti, ma solleva anche questioni etiche che riguardano la tutela della privacy e della dignità degli stessi. Un caso emblematico è quello dell‘infermiere che è stato licenziato dopo aver registrato un video sul posto di lavoro per pubblicarlo su TikTok e che Giornalettismo aveva intervistato: l’obiettivo dell’infermiere era probabilmente quello di ironizzare su alcuni aspetti del proprio lavoro, il risultato è stato invece un video che dimostrava una mancanza di rispetto nei confronti dei pazienti, che ha generato molte critiche e per cui l’infermiere si è poi scusato.

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