Il coronaviurus arriva anche in una remota tribù indigena in Sudamerica, che rischia di essere decimata
10/04/2020 di Ilaria Roncone
La dimensiona planetaria del contagio da coronavirus diventa ancora più chiara considerato che è riuscito a penetrare anche nei confini di una tribù indigena stanziata al confine tra Brasile è Venezuela. Il primo caso di coronavirus documentato nella comunità Yanomami è un ragazzino di 15 anni, ora ricoverato in terapia intensiva con tutti i sintomi. Inizialmente risultato negativo al test, la positività è stata riscontrata dopo ulteriori accertamenti. Il ricovero è avvenuto nel General Hospital di Roraima, lo stato più a nord del Brasile. Nella nazione sono presenti, attualmente, 18 mila casi di coronavirus, con i morti a quota 957.
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La paura per i membri più anziani delle comunità indigene
Il quindicenne cominciato a manifestare i sintomi tipici del Covid-19, fino ad essere ricoverato in ospedale il 3 aprile con respiro corto, dolori al petto, mal di gola e febbre. Il giovane era tornato alla riserva sulle rive del fiume Mucajaí dopo che le lezioni della sua scuola erano state sospese. Attualmente sono sette i contagiati della tribù, che risulta essere la più grande in Brasile, distribuita in oltre 200 villaggi su una superficie di 2,3 milioni di acri. Considerato il grande valore di comunità uniche e remote come questa, non contaminate dalla globalizzazione, è comprensibile la paura che si sta diffondendo tra i membri della comunità e i medici. Gli anziani di queste tribù sono molto vulnerabili e un eventuale sterminio sarebbe una perdita incalcolabile per lo stile di vita, le tradizioni, il patrimonio storico e sociale di cui queste comunità sono portatrici.
Presi provvedimenti per evitare il contagio
La situazione è stata presa molto seriamente dagli studiosi e dal presidente della Foirn – Federation of Indigenous Organizations of Rio Negro – Marivelton Baré, che ha riferito come le comunità locali stiano sperimentando una situazione di panico generalizzato. Già nel 1960, quando ci fu un’epidemia di morbillo, ben il 9% della popolazione Yanomami rimase uccisa. Il punto, ora, è organizzarsi in modo da curare adeguatamente queste persone e prevenire il diffondersi del contagio. Il presidente Foirn ha fatto sapere che si provvederà a portare il cibo presso i villaggi così che i membri delle tribù non escano al di fuori del loro ambiente più del dovuto; a loro è stato detto di evitare di condividere le posate e di isolare tutti coloro che cominciano a manifestare sintomi.
(Immagine copertina da Pixabay)