Perché il Coronavirus sta infiammando le carceri italiane

È di sei morti il bilancio delle vittime registrate ieri nel carcere di Modena, tre più di quanto precedentemente comunicato dalle autorità competenti. L’Istituto penitenziario emiliano si è trasformato ieri nel teatro di una rivolta che ha interessato anche altre carceri italiane. Mentre il Governo metteva in quarantena quasi metà del Paese, tra i detenuti italiani si diffondeva, da un lato la paura del contagio, dall’altro i disagi legati alle nuove disposizioni del Governo.

Un sentimento diffuso che ha portato a insurrezioni anche a Pavia dove i detenuti hanno preso in ostaggio due agenti di polizia penitenziaria, a Palermo dove molti detenuti hanno incendiato celle e provato ad evadere, mentre a Verona e ad Alessandria due detenuti sono morti per overdose di psicofarmaci sottratti durante le proteste. Ma rivolte sono in corso anche a Foggia e nel carcere milanese di San Vittore, dove alcuni dei detenuti sono saliti sul tetto della casa circondariale.

Ad agitare i detenuti è lo stop dei colloqui con i famigliari previsti fino al 3 aprile che, secondo alcune voci, sarebbe stata prorogata fino al 31 di maggio. Ma il problema è anche la prevenzione e il possibile contagio, come riportato dall’Associazione Antigone a Il Fatto Quotidiano: «È comprensibile –ha spiegato Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio di Antigone – dato che le carceri italiane non hanno una buona reputazione in fatto di livelli igienico sanitari e mi domando ciascuna struttura quanti eventuali contagiati sarà mai in grado di gestire». Un’esigenza avvertita anche dai detenuti del carcere di Salerno che, dopo aver devastato un’intera sezione dell’Istituto Fuorni hanno chiesto di essere sottoposti massicciamente a tamponi per la rilevazione del Covid-19. Un virus che sembra portare drammaticamente a galla molti problemi irrisolti, nodi cruciali e invisibili di questo Paese.

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