Chiusure domenicali, M5S e Lega trovano l’accordo ma saranno molti i negozi esentati
01/02/2019 di Enzo Boldi
Il climax discendente delle promesse elettorali. Si era partiti dal «chiuderemo le attività commerciali la domenica perché i dipendenti hanno il diritto di trascorrere più tempo con i propri figli e familiari», per poi passare al «i negozi saranno aperti una sola domenica al mese» e poi arrivare in fondo al «le chiusure domenicali ci saranno per 26 settimane l’anno, ma sono esclusi de questo provvedimento tutti gli esercizi nei centri storici e i negozi di vicinato presenti su tutto il tessuto cittadino».
Tanto tuonò che piovve pochissimo. La mediazione tra Movimento 5 Stelle e Lega sul tema delle chiusure domenicali dei negozi, sembra andare a intaccare solamente i centri commerciali, dato che nelle eccezioni concesse dalla proposta di legge depositata dal Carroccio e dai penstastellati alla commissione attività produttive della Camera appare evidente come la montagna abbia partorito un topolino. Pochi giorno dopo la formazione del governo, infatti, si era aperta una diatriba che voleva portare alla chiusura totale delle attività commerciali per tutte le domeniche dell’anno.
Le chiusure domenicali con molte eccezioni
Una proposta che aveva provocato le ire delle associazioni di categoria che hanno rimproverato il governo di sbandierare al vento proclami elettorali senza analizzare numeri e dati economici che quel provvedimento avrebbe provocato nell’intero comparto commerciale. Nei mesi, poi, le intenzioni sono cambiate e la proposta di Lega e M5S sulle chiusure domenicali è diventata più soft, ma rischia di dover essere nuovamente ridiscussa e riscritta. La scelta di escludere le attività commerciali dei centri storici (di tutte le città) e i negozi di vicinato dalle serrate obbligatorie avrebbe delle ripercussioni evidenti sia a livello economico che lavorativo.
Stimato un calo di consumi da 4 miliardi e 40mila posti di lavoro a rischio
Le associazioni di categoria, infatti, stimano che con un provvedimento sulla falsa riga della proposta di legge della maggioranza provocherebbe gravi danni all’economia, con un calo dei consumi stimato attorno ai quattro miliardi. Un dato che, al netto dei dati Istat sul Pil pubblicati il 31 gennaio che indicano un Paese in recessione, non può lasciar tranquilli. Così come sono a rischio oltre 40mila posti di lavoro, per tutti quei dipendenti che sarebbero sollevati dal loro incarico perché i turni da coprire sarebbero inferiori.
(foto di copertina: ANSA /Unicoop Firenze/ Ufficio stampa)