Chi è Roger Stone, il fedelissimo di Trump arrestato per il RussiaGate

Roger Stone è stato arrestato dall’Fbi nelle prime ore del mattinoall’interno dell’inchiesta condotta dal procuratore speciale Robert Mueller sulle elezioni presidenziali, la cosiddetta inchiesta “Russia-Gate“. In serata è stato rilasciato su cauzione.

Stone è un fedelissimo del presidente Usa, ed è indagato per sette capi di accusa, tra cui figurano ostruzione della giustizie e  falsa testimonianza. I testimoni sentiti dai media americani raccontano di aver visto gli agenti in uniforme entrare armati nella dimora di Stone dopo le 6 di mattina (orario locale) a Fort Lauderdale, in Florida. Donald Trump ha commentato la notizia dell’arresto dopo diverse ore dal suo profilo Twitter. «È la più grande caccia alle streghe della storia del nostro paese!» twitta il presidente Usa «Non c’è collusione!  I trafficanti di esseri umani e di droga al confine sono trattati meglio. Chi ha detto alla Cnn di farsi trovare lì?».

Roger Stone arrestato per il Russia-Gate, ma c’entra anche Wikileaks

«Tutto ciò che ho fatto è legale» aveva detto in un’intervista Roger Stone quando gli venne rivolta una domanda in merito al Russia Gate. Le accuse di cui dovrà rispondere al procuratore Robert Mueller però raccontano un’altra storia. L’accusa sostiene infatti che durante l’estate 2016 Stone abbia parlato con alti funzionari della campagna elettorale di Trump in merito a Wikileaks, aggiungendo che «le informazioni che avrebbe potuto avere sarebbero state dannose per la campagna di Clinton». Mueller continua sostenendo che Stone abbia fatto «diverse false dichiarazioni» in merito ai suoi contatti e interazioni con Wikileaks, arrivando a «negare falsamente di possedere documenti che contenevano prove di queste interazioni» ed è arrivato persino a tentare di «persuadere un testimone a fornire false testimonianze e trattenere le informazioni pertinenti dalle indagini». Il documento del procuratore, riporta il The Guardian, continua sottolineando che il team di Donald Trump avrebbe contattato Stone dopo la prima conferenza stampa di Julian Assange, dove non era emerso nessuno scandalo legato all’avversaria del Tycoon Hillary Clinton. Stone avrebbe quindi rassicurato che Wikileaks avrebbero rilasciato «un carico ogni settimana». E infatti, la bufera arriva a colpire anche Hillary: dopo il rilascio delle prime email rubate al presidente della campagna dell’ex first lady, John Podesta, «un collaboratore di un alto funzionario della campagna di Trump ha inviato a Stone un messaggio di testo che diceva “ben fatto”».

Roger Stone e Donald Trump, una lunga storia di inganni e colpi bassi

Tra Roger Stone e Donald Trump non è sempre stato tutto rosa e fiori. Pare sia stato lui a suggerire, nel lontano 1987, al Tycoon di correre come Presidente degli Stati Uniti. Roger Stone a quel tempo poteva vantare un curriculum non indifferente, che lo rendeva una rockstar della comunicazione politica, quella sleale e brutale. Grande amico di Nixon (ha il suo volto tatuato sulla schiena), si è sempre vantato di essere uno dei più giovani seduti nel gran giurì del Watergate. Insieme a Charles Black e Paul Manafort fonda la Black, Manafort, una lobby per finanziare il partito e Donald Reagan. Diventa uno degli uomini più influenti: insieme ai suoi socia all’inizio degli anni ’80 aveva ricevuto più di 3,4 milioni di dollari in finanziamenti stranieri, e nel frattempo aveva anche sostenuto Mobutu e l’UNITA, l’Unione Nazione per l’Indipendenza Totale dell’Angola. Ma al colloquio con il Tycoon, al tempo ancora impegnato nei suoi progetti imprenditoriali di ampliamento dei suoi casino ad Atlantic City, non segue nulla. Almeno per un po’.

Roger Stone si ritrova nel centro di uno scandalo mentre cura la campagna politica Bob Dole: dopo aver screditato pubblicamente Clinton dandogli «del cazzone» salta fuori che lui e la moglie frequentano locali di scambisti. Per la serie, lo hanno colpito con la sua stessa arma, la maldicenza. Lui incolpa il giardiniere, nega tutto, ma viene esiliato da Washington. Riemerge parzialmente dall’ombra durante la sfida tra Bush e Al Gore. Operando nelle retrovie, tirando le fila del crollo di consensi di Buchamp, riesce a spingere Bush verso la vittoria. E ricomincia a splendere di luce propria, scatenata da false notizie: a partire da quella diffusa da delle prostitute sul fatto che il governatore di New York Eliot Spitzer amasse tenere i calzini a letto, fino a Michelle Obama che gli avrebbe dato del «viso pallido», e pare ci fosse ancora lui dietro l’accusa a Obama di essere musulmano e di essere nato in Kenya.

Nel 2015, quando Donald Trump scende in politica, Roger Stone si è guadagnato il prestigioso ruolo di consigliere fedelissimo. Eppure, viene licenziato. C’è chi dice sia stata opera di qualcun’altro messo in ombra, chi dice che fosse lo stesso Trump a non sopportare di essere «un prodotto di Roger Stone». Ma Stone non si arrende, e diffonde la notizia dell’adulterio di Ted Cruz, e Trump ricopia pedissequamente i tweet di Stone. Viene bandito dalle reti Cnn  dopo ave definito Ana Navarro una «violenta» e «ritardata borderline»,  Roland Martin uno «stupido negro», «idiota» e «pedina» suggerendogli anche di «mangiare più pollo fritto». Ma anche la cattiva pubblicità è buona pubblicità. La campagna di odio, violenza e attacchi continua, magistralmente calibrata per favorire l’ago della bilancia verso Donald Trump. Roger Stone è ufficialmente nel team di The Donal quando esce il famoso video del Washington Post che riporta la frase «grab them by the pussy». E ROger Stone pesca un nuovo coniglio dal suo cilindro: Kathy Shelton, pagata 2500 dollari per accusare i coniugi Clinton di averla molestata. E mentre i seggi del Sud Carolina sono in bilico, Stone è ospite da Infowar, dove riesce ad accattivarsi anche gli ultimi, fondamentali consensi per spingere Donald Trump. E in effetti, sappiamo come è andata a finire.

(Credits immagine di copertina:  Â© Carl Juste/TNS via ZUMA Wire)

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