Cronache di una chat su Tellonym | PARTE 2

La seconda tappa del viaggio nell'app di messaggistica usata dai giovanissimi

08/02/2021 di La politica del popolo

Riprendiamo lì da dove avevamo lasciato. Ci troviamo nel mondo della generazione Z: nella location ideale, Tellonym. Tra appuntamenti per momenti di violenza e amministratori non troppo amministranti, questo social non offre le garanzie che vorremmo. E se la struttura non è un granché, il contenuto è se possibile peggio. Nelle conversazioni, rigorosamente anonime, c’è un po’ di tutto. Nomi e cognomi di terzi, e richiesta di commento, rigorosamente di minorenni di cui si parla pubblicamente a loro insaputa. O per lo meno senza un collegamento diretto ai loro profili, e dunque notificabile solo con l’arcaico passaparola. Generalità nella domanda, breve recensione della persona nella risposta.

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Le chat su Tellonym, come funzionano

Da questa formula, poi si arriva alle tante degenerazioni a cui l’anonimato si presta. Le offese, dirette ed indirette. Rivolte spesso a ragazzine, etichettate con frasi su presunti comportamenti sessuali oppure offese rivolte direttamente ai terzi. Dal più comune epiteto di stampo razzista “neg*o di merda”, ai più miti ma non meno gravi “sfigato” o “senza palle”. Offese che se già di per sé non risulterebbero facili da digerire, vanno soppesate all’età di questi ragazzi. Chi del 2005, chi del 2007 e qualcuno addirittura del 2008. Dunque, 12enni esposte o esposti a questo tipo di disintermediazione. Telloym è oggi uno dei portali più utilizzato in una fascia d’età molto delicata, in cui è ancora necessaria la presenza di un adulto nell’interazione.

Problema che si è andato ad aggravare nell’anno appena passato. “A quella dico fai cagare”, scrive un utente sul profilo di un ragazzo riferendosi ad una terza ragazza citata precedentemente e lui “amore mio tra noi due quello che fa schifo sei te visto che visto che te mancano e palle de scriverme me fai pena”. O ancora, veri e propri dialoghi con anonimi. “Ultima volta che ti sei incazzata?” scrivono in un tell, e lei appena 14enne risponde “Ora in questo momento”. Allora l’anonimo continua, “Perché?”, e la ragazza “Continui ancora, con tutte ste domande del cazzo?!”. L’anonimo non demorde “Di solito sei più gentile”, e lei non si ammorbidisce e chiude così la conversazione “Amore mio, sono sempre gentile anche con chi mi sta sul cazzo ma tu adesso hai veramente rotto il cazzo stai superando l’extremis”.

L’accordo implicito che si fa al momento della sottoscrizione del contratto di accesso è quello di accettare che ti possa essere detta qualsiasi cosa. Come nel caso della 13enne Martina. Sulla sua pagina leggiamo un tell “Sei na puttana lo sanno tutti….Tese fatta quei 2 ciocchi ad agosto che erano venuti li a subiaco”, lei non smentisce e subito dopo arriva un nuovo tell in soccorso. “A cogliona è inutile ste cose a Martina IN ANONIMO puttana c’è (sic) sei te sarai na 07 (nata nel 2007, ndr) der cazzo suca scommetto che nc’avevi ncazzo da fare oggi è sei venuta a caga rcazzo a Martina fatte na vita è scrivigli in dm cogliona fai rie”, scrive il nuovo anonimo in aiuto della prima ragazza. Un mix di volgarità e violenza, con la rinnovata confessione dell’età. I tredicenni di cui prima. Il dialogo tra Martina e i due anonimi continua con stesso tenore ed intensità, ma ve ne risparmiamo la dattilografia.

L’obiettivo di questo reportage era portarvi all’interno di un mondo che non va condannato a tutti i costi, tutto si è voluto fare meno che banalizzare un social. Tellonym per qualcuno è davvero la versione moderna delle lettere anonime scritte con dolcezza che i più grandi si scambiavano da ragazzi. Tanti sono i bei messaggi che si possono leggere, purtroppo il bilanciamento è tutt’altro che schiacciante rispetto ai contenuti negativi. La lente d’ingrandimento si è accesa sul dark side of the moon di questo social network per i contenuti estremi che facilmente si possono reperire.

The dark side of Tellonym

Nell’anno della pandemia e della sovraesposizione ai contenuti digitali, non ci vuole Freud per capire che noia e curiosità che caratterizzano la prima adolescenza sono stati incanalati sui social network.  L’ultimo servizio lo abbiamo dedicato ai rischi che noi per primi abbiamo avuto modo di poter riscontrare. È possibile incontrare una persona fisicamente? Nel corso dell’inchiesta che ci ha avvicinato agli scontri di Roma, abbiamo disseminato domande tra i vari utenti del portale. Una ragazza è sembrata particolarmente predisposta al dialogo, permettendoci dunque di approfondire la conversazione.

Il primo quesito era legato alle risse, la risposta dell’utente è stato ‘figna’. A precisa domanda su cosa significasse, lei ha risposto serenamente che significa “bello vedere dei ragazzi litigare”. Ricordiamoci sempre che ci troviamo nel mezzo di una pandemia mondiale, il virus ha cominciato a colpire anche i più giovani, le scuole sono chiuse dallo scorso marzo e l’evento su cui la interrogavamo vedeva circa 400 partecipanti assembrarsi per assistere ad una rissa sulla terrazza del Pincio. Assodato questo, è stato possibile proseguire nella conversazione e capire fin dove ci si potesse spingere. Prima di andare avanti, è doveroso però sottolineare che in questo caso i responsabili sono tanti: da genitori un po’ negligenti, a moderatori che permettono quanto segue.

Proseguiamo con qualche altra domanda, interrogando la nostra interlocutrice e le chiediamo da dove scrive. E lei risponde, “Molfetta”. Comune di 60mila abitanti a pochi minuti da Bari. Dopo qualche domanda, ancora generica, lei risponde ad un nostro tell con “Hai instagram?”. Per realizzare tutte le indagini del caso, abbiamo dovuto utilizzare identità nascoste. E dunque eravamo sprovvisti di profilo Instagram. Nonostante tutto, siamo riusciti senza troppa fatica a ribaltare la domanda e ad ottenere noi il suo contatto. L’utente con cui parlavamo, di cui per evidenti ragioni non faremo il nome, in pochi secondi ci ha detto: paese di residenza, nome e cognome (contenuti nel suo account Instagram non abbiamo voluto saperli noi), scuola ed età, ed interrotta dal nostro senso civico non ha avuto la possibilità di dire altro. A soli dodici anni, questa bambina aveva appena inserito tutti i suoi dati su un circuito di libero accesso mentre chattava con un totale sconosciuto. Ecco, questo ci sentiamo di poterlo considerare il dark side of the social.

articolo di Enrico Filotico

video di Marta De Vivo

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