Il ritorno delle bufale su Emma Bonino, l’aborto e l’arresto

Un lungo periodo di campagna elettorale è occasione ghiotta per chi diffonde bufale in Rete. E la sfida delle Politiche 2018 non fa certamente eccezione. Anche stavolta nel mirino degli autori di fake news finiscono candidati premier e leader di partiti e liste. L’ultimo bersaglio è Emma Bonino, storica esponente radicale, più volte ministra e oggi a capo di +Europa, la formazione europeista alleata del centrosinistra guidato dal Pd. Sulle pagine di attivisti e simpatizzanti della destra più conservatrice tanti in tanti messaggi si ripete: «Emma Bonino ha praticato l’aborto clandestino», «Ha ucciso bambini», «È stata protetta dalla Camera che non ha dato l’autorizzazione a procedere». E le frasi vengono accompagnate da una vecchia foto dell’attivista impegnata in quello che sembra uno studio medico a praticare l’interruzione di una gravidanza. In uno dei post più condivisi si legge:

«Questa è la Bonino che insegna a praticare aborti con una pompa di bicicletta (aspirazione del feto). Indagata nel 1975 per associazione a delinquere e procurato aborto non è stata processata, perché la Camera non ha dato l’autorizzazione a procedere. Ora è alleata col Pd».

La disinformazione su Emma Bonino e la campagna per la depenalizzazione dell’aborto

La notizia non è del tutto infondata. Ma c’è una buona dose di disinformazione che serve solo a confondere le idee. Nel 1975 Emma Bonino, allora dirigente del Centro Informazione sulla Sterilizzazione e l’Aborto, si consegnò agli arresti dopo essersi accusata di procurato aborto. Trascorse alcuni giorni in carcere. Il Centro, che la Bonino aveva contribuito a fondare, aveva aperto alcune cliniche clandestine per aiutare ad abortire gratuitamente (attraverso il metodo Karman, utilizzato ancora oggi) delle donne incinte che non avevano la possibilità di pagare per un intervento all’estero. Un anno dopo, nel 1976, l’attivista radicale entrò in Parlamento. Il Partito Radicale si presentava alle Elezioni Politiche per la prima volta, la Bonino si candidò alla Camera come capolista in diverse circoscrizioni, risultando poi eletta insieme ad altri tre colleghi, tra cui Marco Pannella. Fu a capo di un gruppo e di un partito che combattevano con il coltello tra i denti sul terreno dei diritti civili.

 

emma bonino
(Una foto fake)

 

In quel periodo Emma Bonino si autodenunciò per condurre una battaglia contro l’ipocrisia dell’aborto clandestino. Anche lei, nel 1972, era rimasta incinta e aveva deciso di abortire. «Non usavo contraccettivi – racconterà – perché mi avevano detto che ero sterile. Dato che io e il mio compagno non volevamo il bambino, cominciammo a cercare un dottore che fosse disposto a operare. Era illegale. Furono umilianti quelle visite notturne, la segretezza…». L’attivista radicale si autodenunciò di aver aiutato altre donne a interrompere gravidanze indesiderate soprattutto per rendere il tema un caso politico. Negli anni ’70 l’aborto era illegale. La legge per regolarlo arrivò solo nel 1978. La campagna per la legalizzazione dell’aborto dei radicali e del Cisa aveva come obiettivo quello di stigmatizzare la pratica delle mammane molto in voga all’epoca, e l’arresto era un modo efficace per ricordare che gli aborti illegali che c’erano ed erano numerosi, e venivano realizzati con i metodi più disparati, con rischio per la vita della donna stessa.

Ecco, se si tenesse conto di queste vicende, che la storia di Emma Bonino è la anche una storia di disobbedienza civile, si eviterebbe di credere a messaggi fake come quelli che circolano in queste ore. Come riportava l’Espresso la Bonino si fece arrestare anche per favorire la raccolta firme che avrebbe poi portato al referendum sull’aborto e quindi alla legge. Una legge che aprì le porte a regole precise e una pratica medica sicura. Lei «insisteva per farsi portare in prigione, i carabinieri preferivano lasciar perdere. Alla fine l’ha spuntata lei», si leggeva sull’Espresso. La foto che circola ancora, quella della Bonino che pratica un aborto, era un’immagine in realtà scattata volutamente come gesto di autodenuncia. C’era una pompa della bicicletta a testimoniare quanto insicuri potessero essere gli interventi clandestini. «Rivendico quella campagna», ha sempre ripetuto.

(Foto: ANSA / RICCARDO ANTIMIANI)

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