CasaPound ricorre contro il bollino antifascista del comune di Parma
15/02/2019 di Gianmichele Laino
L’iniziativa è stata annunciata diverso tempo fa ed è entrata all’interno di ben quattro regolamenti comunali. Il comune di Parma ha richiesto alle associazioni una sorta di bollino antifascista, un vera e propria certificazione per riconoscersi in determinati valori. Quelli – si legge sui regolamenti comunali – della «democrazia costituzionale, del ripudio del fascismo e della xenofobia e della non violenza come forma di lotta politica». La certificazione serve a ottenere l’accesso a luoghi pubblici quali sale conferenze, piazze per manifestazioni o ancora per avere accesso a fondi e finanziamenti pubblici.
Casapound contro il bollino antifascista del comune di Parma
L’iniziativa non è mai piaciuta a Casapound, movimento che si autodefinisce «fascista del terzo millennio» e che, in quanto tale, non potrebbe mai ottenere il bollino voluto fortemente dal sindaco ex Movimento 5 Stelle Federico Pizzarotti. Per questo motivo, Casapound ha deciso di trascinare il comune di Parma in Tribunale.
Casapound ha quindi fatto ricorso al Tar, chiedendo l’annullamento degli atti emanati dalla giunta e la loro sospensione in via cautelare l’applicazione fino alla sentenza. Dure le dichiarazioni di Casapound nei confronti della giunta Pizzarotti: «Il ‘regolamento antifascista’ del Comune di Parma è un provvedimento che, in nome della democrazia, limita gli spazi di agibilità politica delle formazioni non gradite al sindaco. Un controsenso che peraltro travalica le competenze assegnate dalla legge ai Comuni. Noi ci riconosciamo nella Costituzione – si legge in una nota – quella fondata sul lavoro in cui la sovranità appartiene al popolo. E non avremmo nessun problema a sottoscrivere di riconoscerci nella stessa visto che peraltro ci presentiamo regolarmente alle competizioni elettorali. Ma riconoscerci nella Costituzione ed essere antifascisti sono due cose completamente diverse. È per questo che abbiamo presentato ricorso. Perchè non può essere un Pizzarotti qualsiasi a decidere chi, a Parma come nel resto d’Italia, può fare attività politica o meno».