L’odi et amo dei Berlusconi per le aziende Big Tech

Rapporti conflittuali, emersi soprattutto dalle parole del figlio Pier Silvio, e sfruttamento economico e propagandistico per quel che riguarda il padre

13/06/2023 di Redazione Giornalettismo

Due anime. Due facce della stessa medaglia, con dichiarazioni e azioni in contrasto tra di loro. Gli affari sono affari, la politica e la politica sono altro. Sta di fatto che la storia della famiglia Berlusconi contro le aziende Big Tech si è incrociata più volte, con atteggiamenti differenti e utilizzi distopici rispetto alle recriminazioni. Nel corso di alcune trattative imprenditoriali con alcune piattaforme ci sono stati momenti di gelo e disgelo, seguiti da accordi per quel che riguarda il contrasto alla disinformazione (con evidenti paradossi tra quanto sancito e quanto andato in onda, in alcune occasioni, in televisione). Poi quel volano utilizzato da Berlusconi senior per cercare di coinvolgere anche i più giovani all’interno della propaganda di Forza Italia. Insomma, un rapporto di odi et amo.

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Sull’utilizzo – non sempre efficace, ma a tratti virali – delle piattaforme social da parte di Silvio Berlusconi è stato già detto molto. Se gli interventi su Facebook, Instagram (nonostante l’engagement post mortem) e Twitter possono essere rimessi nel cassetto dei ricordi poco fortunati, c’è stato un grande clamore quando l’ormai ex leader di Forza Italia sbarcò su TikTok pubblicando brevi filmati al limite del paradossale. Paradossi che, però, hanno portato nuovamente il suo nome in auge ovunque.

Berlusconi contro Big Tech, un rapporto odi et amo

Ma la famiglia Berlusconi – non solo in quante persone fisiche, ma come aziende – ha intrecciato i propri affari e scontri dialettici contro le aziende Big Tech. A guidare questa carovana è stato Pier Silvio Berlusconi (amministratore delegato di Mediaset) che in più occasioni non ha utilizzato mezzi termini per parlare del peso e dell’impatto delle piattaforme gestite da questi colossi. Per esempio, in un’intervista al Corriere della Sera del dicembre del 2020, espresse un giudizio molto pungente nei confronti della piattaforma in streaming più utilizzata in Italia:

«Loro non raccolgono pubblicità, hanno un modello di business diverso da quello di noi editori classici. Li vediamo come complementari. Con la loro offerta toglieranno certamente un po’ di attenzione ai giornali, alle tv, ai libri. Ma la tv generalista serve piatti caldi da consumare in diretta. Loro sono una dispensa con prodotti preconfezionati, sempre disponibili». 

Quel “loro” è un riferimento a Netflix. E solo qualche mese prima, la stessa Mediaset si accordò con la nota piattaforma di streaming per la realizzazione di sette film italiani. Ma non c’è solo questo, perché quando si parla dei Berlusconi contro Big Tech non si può non fare riferimento alle più recenti dichiarazioni fatte su queste aziende. Si trattava di consigli all’esecutivo che si era appena formato. Quell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni con il sostegno della Lega e Forza Italia (partito guidato dal padre):

«Il nuovo governo si trova in una situazione complicatissima e non posso dare consigli. Ma più che avvantaggiare noi si dovrebbe farci almeno lavorare con parità di condizioni rispetto ai Big Tech, che oggi ad esempio hanno un livello di tasse ben diverso dal nostro. Non essere avvantaggiati, ma almeno non svantaggiati rispetto a questi che sono dei mostri».

Il riferimento è, in particolare, ai licenziamenti di massa fatti dalle principali aziende del settore tech (da Amazon a Google, passando per Meta e Twitter).

L’accordo con Meta sulla pirateria

E il rapporto di amore e “odio” tra la famiglia Berlusconi e Big Tech ha aggiunto una nuova tacca – questa volta in direzione dell’accordo – a questa storia nel marzo scorso. Mediaset e Meta, infatti, hanno raggiunto un’intesa per contrastare le violazioni del diritto d’autore. Un patto che era stato descritto così da Gina Nieri, direttrice affari istituzionali Mediaset e vice presidente di RTI:

«L’accordo con Meta dimostra che, se le piattaforme collaborano per impedire atti di pirateria, è possibile trovare soluzioni foriere di crescita e di creazione di valore per tutta la filiera. Auspichiamo che la Commissione europea trovi strumenti utili ad arginare la pirateria dei contenuti live o di equivalente valore economico. Siamo fiduciosi di proseguire anche su questo la fattiva collaborazione con Meta». 

A tutto questo si aggiunge quel polo europeo della tv, un vecchio obiettivo che di tanto in tanto ritorna in auge.

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