Si salvi chi Bard

Bard e bardati. Google lancia definitivamente il suo prodotto di intelligenza artificiale integrato nel suo motore di ricerca in 180 Paesi. Una platea decisamente ampia. Che, tuttavia, non comprende l’Europa né la Cina, nonostante l’altissimo tasso di utilizzo di internet da parte dei cittadini del Vecchio Continente e del Dragone. Ovviamente Google deve correre: sta scontando il ritardo rispetto ad Open AI e al suo prodotto ChatGPT, già integrato da Microsoft nel motore di ricerca Bing. Non si può permettere ostacoli né ostruzioni di alcun tipo. Come – magari – quelle che sono state riscontrate dallo stesso ChatGPT nei Paesi dell’Unione Europea, proprio a partire dall’Italia.

Bard non in Europa, le ragioni

Abbiamo provato a esplorare le ragioni che hanno portato Bard a limitare il suo sviluppo nei Paesi europei. L’esperto di intelligenza artificiale Cristiano De Nobili punta sul peso della concorrenza e sul fatto che questa sia stata una sorta di scelta prudente per avere modo di testare appieno il prodotto, senza ostacoli.

Tuttavia, questo deriva dalle norme stringenti sulla privacy e sul trattamento dei dati personali che nell’Unione Europea derivano dall’approvazione del GDPR e dal recepimento del regolamento nei singoli stati membri. Ma anche dall’imminente approvazione dell’AI Act, che ieri è stato discusso – a livello comunitario – dalle commissioni parlamentari di Bruxelles e che vedrà il suo passaggio in Parlamento a brevissimo. Si tratta di un testo che non ha nulla a che fare con la sua genesi di partenza (che metteva nel mirino il riconoscimento biometrico) e che adesso prevede norme più stringenti soprattutto sull’intelligenza artificiale generativa.

Ecco perché la scelta di Google, più che di prodotto, sembra essere una scelta geopolitica. Come se fosse uno Stato, Mountain View ha scelto da che parte stare.

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