Ascolti e piattaforme di OTT: l’Auditel è ancora un sistema di rilevazione attendibile?

Nei comunicati stampa della Rai relativi alla cinque-giorni di Sanremo si è fatto riferimento anche agli ascolti attraverso RaiPlay: ma siamo sicuri che il futuro passi per questa strada?

13/02/2023 di Enzo Boldi

Il televisore resta uno strumento sempre presente (o quasi) nelle case degli italiani, ma da anni, non è più l’unico mezzo utilizzato per la fruizione di contenuti audiovisivi. Da tempo, infatti, quelle dinamiche che avevano un vero e proprio monopolio per quel che riguarda la mera produzione di contenuti ha subìto (e sta subendo) una costante decrescita infelice e questo porta a una considerazione che non può essere secondaria nell’analisi di questa dinamica: “conteggiare” gli ascolti attraverso il classico (e nazional-popolare) sistema Auditel ha ancora un senso? Il Festival di Sanremo 2023, per esempio, ha portato a un evidente dualismo tra la televisione e il mondo di Internet (con un calo del consumo di banda significativo nel corso delle cinque giornate della kermesse), ma la tendenza futura e futuribile racconta altro. Anche in termine di misurazione dell’audience.

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Prima di approfondire il tema sul futuro dell’Auditel, proviamo a partire dai numeri freddi come quelli raccolti nel 18° rapporto Censis (Centro Studi Investimenti Social) sulla comunicazione. E il report ha un titolo piuttosto emblematico, anche in riferimento al periodo storico che l’Italia sta vivendo: “I media della Crisi“. Come Giornalettismo aveva già raccontato nel mese di dicembre, la fruizione di contenuti attraverso il mezzo televisivo è in lento e costante calo da alcuni anni, ma il picco minimo (da quando avviene questa misurazione) è arrivato proprio nel 2022.

Dopo anni in cui si è veleggiato intorno al 94/95% per quel che riguarda la fruizione del mezzo televisivo, dal 2018 è iniziato questo crollo (non verticale, ma quasi), con il dato del 2022 che si presenta in modo piuttosto significativo: 84% contro l’87,9% del 2021. Un calo di quasi quattro punti percentuali nel corso di 365 giorni. E questi numeri vanno in controtendenza rispetto agli altri raccolti nel rapporto Censis.

A controbilanciare il calo nell’utilizzo del televisore, ecco la crescita esponenziale nell’uso (ovvero nella fruizione di contenuti audio-visivi) attraverso web e smart tv. In crescita, come accade da anni, anche la tv fruita attraverso un dispositivo mobile. Dunque, cala il mezzo televisivo mentre crescono le realtà strettamente connesse a Internet.

Auditel, i dati sono affidabili per le piattaforme di OTT?

Questi numeri ci aiutano senz’altro a capire in che direzione sta andando il mondo dei mass media, in particolare quelli che si basano sui contenuti video (spettacoli, informazione, eventi sportivi, film e serie tv). Ma, soprattutto, per capire se le rilevazioni attraverso i dati Auditel rappresentino ancora lo strumento più attendibile e affidabile per quel che concerne il successo (o meno) di un contenuto audio-visivo. Sanremo 2023 ci ha fornito alcuni indizi: la Rai ha celebrato il successo di audience anche per quel che riguarda la trasmissione del Festival attraverso RaiPlay, la piattaforma digitale della televisione pubblica. Al netto dei numeri, però, occorre stabilire il principio con cui si raccolgono questi dati. Nei comunicati stampa di viale Mazzini, infatti, si fa riferimento all’Auditel online per AMR-D (Average Minute Rating per i dispositivi Digitali), per il cosiddetto Legitimate Stream, per il TTS (Total Time Spent) e per ASD (Average Stream Duration). Tutti elementi che danno vita al cosiddetto sistema censuario. In che modo? Con uno strumento:

«Auditel ha installato direttamente nei player da cui i diversi soggetti erogano i loro contenuti, un tag digitale, un piccolo software denominato SDK, che misura, secondo per secondo, dispositivo per dispositivo, senza intermediazione di alcuno, la fruizione di ogni contenuto editoriale o pubblicitario emesso e realmente fruito da un individuo». 

E quei quattro paletti che, ovviamente, hanno dinamiche di gran lunga differenti rispetto all’Auditel tradizionale (che si basa su un campione, una sorta di “caso studio” di 16.100 famiglie italiane), perché si snodano non più esclusivamente parlando del mezzo televisivo, ma anche di tutti gli altri dispositivi che – connettendosi a internet -, permettono di vedere la tv (in tutte le sue sfaccettature) con strumenti differenti. Dunque il dato sembra essere piuttosto affidabile e in linea di massima lo è, visto che la vigilanza arriva da AgCom, Agcm e Garante Privacy.

Il caso Dazn

Ma qui sorge un problema non da poco. All’interno della sezione metodologia del sito Auditel, per quel che riguarda il sistema censuario, si fa riferimento a cinque operatori che hanno aderito al monitoraggio degli ascolti in versione digitale: Discovery, La7, Mediaset, RAI e Sky (qui tutti i canali). Poi c’è Dazn. L’emittente OTT che trasmette in esclusiva il 70% dei match di Serie A (e il restante 30% è in co-esclusiva con Sky) è stata al centro delle polemiche per gli strumenti utilizzati per il monitoraggio degli ascolti. All’inizio, infatti, l’azienda si appoggiava sul monitoraggio di Nielsen ma i dati raccolti finirono nel mirino dell’AgCom per via di una cospicua ed evidente mancanza di corrispondenza. Per questo motivo, con la delibera 18/22/CONS, la stessa Autorità Garante per le Comunicazioni aveva chiesto a Dazn di utilizzare un sistema di monitoraggio conforme alle attività di vigilanza. E si trattava di Auditel – in qualità di Joint Industry Committee – che, infatti, dall’inizio della stagione 2022/2023 ha iniziato nelle sue rilevazioni anche per quel che riguarda la piattaforma OTT che detiene i diritti per la Serie A. Perché servivano dati più accurati? Per via della ripartizione dei diritti televisivi – come previsto dal decreto Lotti del 2018 che modificò parzialmente la legge Melandri del 2008 – tra le società di Serie A, in cui si parla del bacino di utenza che pesa per il 20% su questa cifra e – secondo le stime – l’8% di questa fetta deriva proprio dagli ascolti televisivi. E gli ascolti televisivi sono monitorati da Auditel, sotto la vigilanza di AgCom, Agcm, e GPDP.

Dati attendibili?

E qui arriviamo alla chiusura del cerchio. Al netto di Dazn, RaiPlay e le piattaforme di streaming (con Amazon Prime, così come Netflix e similari che restano fuori da questo monitoraggio), si può parlare di dati attendibili? Sì, ma non al 100%. Il motivo è racchiuso nella metodologia con cui questi strumenti provano a restituire lo specchio delle abitudini televisive (in senso piuttosto ampio) degli italiani. Perché si parla di 16.100 famiglie che fanno parte del campione che viene preso in esame, le cui risultanze vengono poi moltiplicate per il numero di famiglie che vivono sul suolo italiano. Già questo fa capire che si tratta di un campione statistico che, oltretutto, non tiene conto di un altro aspetto fondamentale che modifica l’estensione di quei numeri. Molti critici, infatti, hanno spesso sottolineato come in questi numeri non si faccia riferimento alle seconde case (che, ovviamente, allargherebbero il campo di azione della rilevazione). Metriche differenti che, dunque, non sempre offrono esattamente un riflesso affidabile per quel che riguarda gli ascolti.

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