L’audio inedito di Paolo Borsellino prima dell’attentato: «Sono libero di essere ucciso»

La Commissione parlamentare Antimafia ha stabilito all’unanimità di desecretare gli atti dei suoi lavori, dal 1963 fino al 2001. Un archivio che è stato digitalizzato ed è confluito su un unico sito web all’interno del portale del Parlamento. Tra i primi atti in evidenza gli audio delle deposizioni di Paolo Borsellino di fronte alla Commissione, pronunciate a Palazzo San Macuto fra il 1984 e il 1991.

Paolo Borsellino: «Una sola macchina blindata per 4 colleghi, costretto ad andare con la mia»

«Desidero sottolineare la gravità dei problemi che dobbiamo continuare ad affrontare… Di pomeriggio, è disponibile solo una macchina blindata. Pertanto io, sistematicamente, il pomeriggio mi reco in ufficio con la mia automobile e ritorno a casa alle 21 o alle 22. Con ciò riacquisto la mia libertà, però non capisco che senso abbia farmi perdere la libertà la mattina per essere poi libero di essere ucciso la sera». Così parlava Paolo Borsellino davanti alla commissione parlamentare antimafia, era il 1984, il pool stava preparando il primo maxi processo alle cosche.

Morra su Borsellino: «Via i segreti dagli archivi»

«Tutto quello che avviamo oggi è un ulteriore segnale di democratizzazione del Paese», ha spiegato il presidente della Commissione, il 5 Stelle Nicola Morra, presentando l’iniziativa in Senato. «Abbiamo ascoltato gli audio del 1984, registrati a Palermo, Borsellino già ragionava – ha aggiunto – sulle difficoltà di portare avanti un processo con numeri enormi. Non sempre le sue richieste vennero pienamente soddisfatte. Con la sua ironia tipica il magistrato dice ‘sono libero di essere ucciso, siamo quattro a dover essere portati ma abbiamo una sola auto blindata’. Questi materiali che possono emotivamente risultare toccanti saranno messi nella disponibilità di tutti gli italiani».

La lettera del fratello di Paolo Borsellino: «Lo Stato venga in ginocchio a portare l’agenda rossa»

«È necessario che quella Agenda Rossa che è stata sottratta da mani di funzionari di uno stato deviato e che giace negli archivi grondanti sangue di qualche inaccessibile palazzo di Stato e non certo nel covo di criminali mafiosi venga restituita alla Memoria collettiva, alla Verità e la Giustizia”. È un passo della lettera inviata da Salvatore Borsellino, fratello del procuratore aggiunto Paolo ucciso nella strage di via D’Amelio il 19 luglio ’92, al presidente della commissione Antimafia Nicola Morra dopo che palazzo San Macuto ha deciso di declassificare tutti gli atti secretati dalle inchieste parlamentari dal 1962 al 2001. Il fratello del magistrato, che era stato invitato a Roma per l’evento a cui però non ha partecipato, ha reso nota la lettera durante la conferenza stampa per presentare il programma delle iniziative nel 27/mo anniversario della strage di Via D’Amelio, il 19 luglio 1992, quando con Borsellino vennero uccisi anche cinque agenti della polizia di Stato. «Ora, a ventisette anni di distanza – scrive Borsellino – io non posso accettare che i pezzi di mio fratello, le parole che ha lasciate, i segreti di Stato che ancora pesano su quella strage vengano restituiti a me, ai suoi figli, all’Italia intera, ad uno ad uno. È necessario che ci venga restituito tutto, che vengano tolti i sigilli a tutti i vergognosi segreti di Stato ancora esistenti e non solo sulla strage di Via D’Amelio ma su tutte le stragi di stato che hanno marchiato a sangue il nostro paese».

[CREDIT PHOTO: ANSA / FRANCO LANNINO]

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