Tangenti, biometano e quel giro di affari oscuro: perché Siri è indagato

Un filo che parte dai palazzi romani e che potrebbe snodarsi, più o meno inconsapevolmente, verso il cuore di Cosa Nostra. La strada tracciata dai magistrati ha un fulcro e dei protagonisti. Il fulcro è la riconversione energetica, un’esigenza sempre più pressante, su cui molti cercano di inserirsi. I protagonisti indiretti, oltre al noto sotto-segretario leghista Armando Siri sono un uomo come Vito Nicastri, imprenditore trapanese considerato il “re dell’eolico”, già arrestato negli anni’90 e tornato in cella nel 2018, considerato dagli inquirenti come molto vicino a Cosa Nostra e in particolare al superlatitante Matteo Messina Denaro. E un uomo come Paolo Arata, biologo e ex deputato forzista, consigliere di Matteo Salvini per l’energia.

Quel filo sottile che dalla Sicilia porta a Roma: l’accusa dei magistrati

Cosa c’entra quindi Siri? Secondo la tesi accusatoria il sottosegretario, ideologo della flat tax, avrebbe accettato una tangente da 30mila euro per modificare una norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma che, di fatto, non è stata mai approvata. Il denaro verso il sottosegretario leghista sarebbe arrivato dalle mani di Paolo Arata ed è qui che entra in gioco Nicastri. Secondo i magistrati Arata sarebbe da tempo in affari con Nicastri ed è proprio tramite l’ex deputato forzista che il “re dell’eolico siciliano” cercava un contatto diretto con il Governo del Cambiamento.

Va però precisato che secondo i magistrati  Siri non era a conoscenza del legame tra Arata e l’imprenditore siciliano in odore di Cosa Nostra (Nicastri). Discorso che non può essere però esteso ad Arata, pienamente consapevole dell’indagine di Nicastri per concorso esterno in associazione mafiosa.

Dall’eolico al biometano: il nuovo business

E secondo Repubblica, il salto di qualità definitivo, si sarebbe ottenuto con l’inaugurazione di una nuova forma di business, quella del biometano. Ed è proprio l’utizzo di questa forma di energia,  basata su gas prodoti dalla fermentazione batterica in anaerobiosi (assenza di ossigeno) dei residui organici provenienti da residui vegetali o animali, che i due stavano puntando. Non è un caso che il biometano viene citato anche nel contratto di Governo: «Questo modello è già una realtà consolidata negli altri Paesi avanzati d’Europa e del mondo, dove infatti il costo della bolletta è nettamente inferiore».

L’obiettivo era insomma di abbandonare le grandi centrali, per orientarsi su centri di produzione di energia più piccoli ed efficenti, favorire le piccole imprese (come quelle di Nicastri) a svantaggio delle multinazionali. Un intento se vogliamo nobile in un clima di trasparenza e concorrenza. Un clima ben distante da quello che i magistrati stanno delineando.

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