Israele, Netanyahu si conferma leader: ancora premier dopo 13 anni

Alla fine è riuscito nell’impresa. Benjamin Netanyahu, da 13 anni al potere in Israele, si è confermato leader dello Stato ebraico. Con lo spoglio quasi completamente concluso Bibi si è aggiudicato 35 seggi alla Knesset, gli stessi dello sfidante, l’ex ufficiale di stato maggiore, Benny Gantz, che con il partito centrista Kahol Lavan non è riuscito nella storica impresa di battere Netanyahu. La maggioranza richiesta alla Knesset è infatti di 61 voti su 120 e Netanyahu, al momento, può contare su 65 voti per formare il nuovo esecutivo contro i 55 di Gantz. Un risultato che, seppur non eccezionale, gli ha permesso di annunciare un governo di coalizione in brevissimo tempo.

Sarà nel conteggio finale delle formazioni più piccole, però, che vedremo quale sarà la direzione del cambiamento chiesta dall’opinione pubblica israeliana. Se infatti l’esito delle votazioni per i partiti della destra estrema è stato deludente (non entreranno alla Knesset né Zehut né la Nuova Destra), ottimo è stato il  risultato – invece – dei partiti religiosi che già hanno dichiarato che appoggeranno la coalizione guidata dal Likud di Netanyahu forti dei loro 16 seggi. Nel campo opposto i partiti della sinistra, invece, hanno visto ridurre in maniera significativa i loro voti. Il partito laburista di Avi Gabbay, formazione storica che, al netto delle evoluzioni storiche, ha fondato lo Stato di Israele si è infatti fermato a 6 seggi, il peggior risultato di sempre dalla nascita dello Stato nel 1948.

Le liste arabe, invece, sono riuscite a conquistare 10 seggi, sommando i voti dei partiti Hadash e Balad nonostante il calo dei votanti arabi. Un voto che, a sinistra, sembra confermare la mancanza di una alternativa al potere del centro-destra di Netanyahu. Oltre al pessimo risultato dei Labor, infatti, sono da segnalare i soli 4 seggi di Meretz, il partito della sinistra pacifista ed ecologista che, nelle parole della sua presidente Tamar Zandberg sembra confermare questa mancanza di alternativa: «Se oggi una cosa è chiara è che se la politica e non si rapporterà a tutti i cittadini di questo paese in maniera equa non ci sarà speranza né futuro. L’unico futuro auspicabile si basa sulla partecipazione, l’eguaglianza e la giustizia».

Benjamin Netanyahu presidente per la quinta volta

Queste elezioni sono state monopolizzate dalle accuse di corruzione mosse dal procuratore generale dello Stato Avichai Mandelbit a Netanyahu e hanno visto passare in secondo piano la questione palestinese richiamata dal primo ministro uscente solamente pochi giorni prima delle elezioni per assicurarsi i voti della destra più nazionalista. Nell’intervista all’emittente Channel 13, infatti, Bibi ha dichiarato di aver promesso a Donald Trump che in nessun possibile accordo di pace Israele evacuerà i coloni in Cisgiordania. Una dichiarazione che, evidentemente, ha avuto il suo successo confermando la svolta a destra della politica israeliana. Fino ad oggi la politica più istituzionale, quella attenta alle relazioni internazionali e agli accordi fra gli Stati, non aveva mai dichiarato così apertamente la volontà di non evacuare le colonie conquistate con la guerra del 1967.

Tredici anni alla guida di Israele. E si andrà avanti

Queste elezioni erano partite come una sorta di sondaggio di opinione su Netanyahu, l’uomo che da 13 anni governa Israele. Le accuse di corruzione sembravano poter mettere fine al suo regno ma così non è stato. Nonostante il calo dei consensi, soprattutto a destra, l’elettorato israeliano continua a dare fiducia al suo più longevo premier premiando le sue politiche economiche e militari. Le basi per degli accordi di pace condivisi con i palestinesi sembrano essere ancora più lontane di quanto non apparisse prima delle elezioni.

Foto: (Benjamin Netanyahu festeggia con la moglie Sara la vittorie elettorale a Tel Aviv, EPA/ABIR SULTAN)

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