Armin Loacker è morto: esportò i famosi wafer in tutto il mondo

21/01/2019 di Redazione

Un impero fondato sui wafer. Armin Loacker si è spento all’età di 78 anni. Il padre, Alfons, aveva fondato la storica azienda di wafer, conosciuta in Italia e nel mondo. Insieme alla sorella, Armin Loacker aveva modernizzato la vecchia produzione familiare. La piccola impresa altoatesina, infatti, partendo dal nulla, è arrivata ad avere oltre 1000 dipendenti.

Armin Loacker è morto: la svolta nella produzione di wafer

Nonostante la sua vocazione internazionale, l’azienda è rimasta in famiglia: adesso, a gestirla sono Andreas e Martin Loacker, figli del defunto Armin, e il nipote Ulrich Zuenelli. Un giro d’affari importante, a livello dei maggiori produttori di dolciumi al mondo: la Loacker è un’azienda sana, che nel 2017 ha potuto contare sul fatturato da 335 milioni di euro, con la produzione di oltre 36mila tonnellate di wafer in diversi gusti.

Perché i wafer Loacker si chiamano così

Territorio e capacità di intercettare le tendenze più in voga del momento: la longevità del wafer consiste proprio in questo. Il famoso marchio prende il nome dal cognome della famiglia. Senz’altro Armin Loacker è stato uno degli ispiratori di questa ricetta vincente, dopo aver appreso il mestiere dal padre. La Loacker ha fatto scuola, non soltanto a livello di gusto, ma anche a livello di comunicazione. I suoi spot pubblicitari, ad esempio, sono sempre stati tra i più famosi (alzi la mano chi non ricorda il jingle con cui l’azienda promuove i suoi prodotti) e ultimamente anche in questo settore ci sono state delle innovazioni, adattandosi ai nuovi media.

La storia aziendale è segnata da una serie di pietre miliari, tutte caratterizzate dalla presenza di Armin Loacker, che ha rappresentato il vero e proprio anello di congiunzione tra la tradizione e l’innovazione: al 1967 risale il primo wafer snack in una confezione salvafreschezza; nel 1974, sul Renon, è stata avviata la sfida di avere uno stabilimento industriale a 1000 metri d’altezza. Per non parlare della diffusione internazionale degli anni 80 e 90, con l’apertura di uno stabilimento in Austria e con l’esportazione in oltre 100 Paesi del mondo.

Share this article
TAGS