Ma quella di Di Maio può davvero essere definita piscina?

Stanno facendo il giro del web le immagini di un Luigi Di Maio giovane e abbronzato, mentre usciva a mezzo busto da una piscina in pvc sistemata nel famoso terreno di proprietà di Antonio Di Maio, dove erano presenti alcuni caseggiati abusivi e alcuni rifiuti edili che non potevano essere lasciati in quelle condizioni. Questo casolare, per quanto carico di problemi diversi e altrettanto gravi, è stato fatto passare – dalla narrazione vulgata – come la «villa con piscina di Luigi Di Maio».

Piscina Di Maio: non c’è nessun reato

Dovremmo, però, fare dei distinguo. La piscina di quello che sarebbe diventato in futuro vicepremier, ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, non era una piscina interrata che, in quanto tale, avrebbe avuto bisogno di alcune autorizzazioni specifiche per insistere all’interno di un terreno di proprietà.

In questo caso particolare, insomma, ci sarebbe stato bisogno di un’autorizzazione per lo scavo e, se la piscina avesse superato il 20% del volume dell’edificio di pertinenza o se la sua costruzione dovesse essere considerata dal piano regolatore comunale come intervento di nuova costruzione”, si sarebbe dovuta presentare una “Domanda di permesso di costruire” al Dirigente Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia o all’ufficio tecnico del Comune di residenza. In alternativa, per lo scavo e piscine dalle dimensioni inferiori al 20% del volume dell’edificio di pertinenza, andrebbe presentata una SCIA.

Tuttavia, non siamo affatto in questa fattispecie. Luigi Di Maio aveva una piscina in pvc, non interrata e rimovibile. Per montarla all’interno di un terreno di proprietà non era necessaria alcuna autorizzazione. Inoltre, le piscine in pvc non rappresentano nemmeno un gran lusso: ci sono anche delle soluzioni che costano meno di 1000 euro.

Perché tutti si accaniscono sulla piscina di Di Maio

Eppure, la piscina è il simbolo che più infastidisce l’italiano medio. Che viene preso alla pancia dall’immagine di un ragazzo che sta facendo un bagno – nemmeno troppo comodo – insieme ai suoi amici. E allora ogni presunta evasione fiscale, ogni abuso edilizio, persino la possibilità (ancora tutta da dimostrare) che il ministro abbia commesso il reato di concorso in elusione fraudolenta (come sostenuto da un avvocato consultato dalla trasmissione Le Iene) passano in secondo piano rispetto alla piscina. Che è, paradossalmente, l’unica cosa inattaccabile dell’intera vicenda. Serviva solo a fare un po’ di colore, è diventata l’oggetto dello sdegno. In maniera immotivata.

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