L’immagine del bus che cade dal ponte Morandi per sostenere il fronte del No al referendum Atac

06/11/2018 di Enzo Boldi

Quell’immagine del Ponte Morandi appena crollato con il Tir Basko – diventato tristemente famoso – fermo sull’orlo del precipizio è diventata la testimonianza visiva della tragedia che ha colpito Genova e i genovesi (ma anche tutti gli italiani) quel tragico 14 agosto scorso. Una fotografia che rimarrà intaccata nella memoria e che è stata utilizzata anche per il Referendum Atac che chiamerà al voto – domenica prossima – i cittadini romani per dare un proprio parere sul futuro dell’azienda partecipata del trasporto pubblico capitolino.

Un fotomontaggio che mostra quel fermo immagine «arricchito» con un autobus Atac che cade in quello spazio vuoto provocato dal cedimento del nono pilone del Ponte Morandi. È la scelta forte fatta dall’Unione sindacale di Base Roma per sostenere il fronte del No nel referendum consultivo sul futuro dell’azienda dei trasporti pubblici capitolini.

Il Comitato per il No ha scelto questa immagine per rilanciare la propria battaglia #NoPrivAtac, con il sindacato Usb Roma che è sceso in campo e si è messo in primo piano a guidare questo fronte. «Abbiamo scelto questo fotomotaggio per sottolineare il disastro che le privatizzazioni hanno causato all’Italia – spiega a Giornalettismo il sindacalista Michele Frullo -. La gestione di Autostrade e il crollo del ponte Morandi di Genova sono l’emblema di come il privato non sia garanzia né di sicurezza né di stabilità».

Referendum Atac, Usb Roma e il paragone con il Ponte Morandi

Frullo è rappresentante del sindacato Usb Roma ed è anche autista Atac da 28 anni e ci ha spiegato come nella Capitale ci sia già un ente privato a gestire parte del trasporto pubblico e che i suoi risultati siano tutto tranne che eccelsi: «Roma Tpl ha un ruolo molto importante nella gestione degli autobus che gira in periferie e molti dei mezzi pubblici rotti, che esplodono (il famoso fenomeno del flambus, ndr) e che lasciano gli utenti appiedati sono gestiti da loro. Si tratta di un’azienda privata che, come si può vedere dalle numerose mobilitazioni dei suoi dipendenti, ha gravi problemi non solo nella manutenzione dei mezzi, ma anche nel pagamento degli stipendi con autisti che non vedono stipendi da mesi».

Per Usb Roma – ma non solo, dato che questo referendum ha spaccato anche diversi partiti politici, dalla maggioranza all’opposizione all’interno del Campidoglio – la privatizzazione non è la soluzione perché l’Italia è piena di soggetti non pubblici concessionari che, alla fine, non riescono a far quadrare i conti andando a batter cassa alle istituzioni per risanare i propri bilanci. «Il problema del trasporto pubblico è l’età delle vetture – spiega Michele Frullo -. Molti mezzi hanno più di 13 anni e, alla fine, dei 1900 autobus che dovrebbero girare nelle vie della città ne girano meno di mille».

Referendum Atac, le mozioni di chi dice No

Usb Roma, dunque, apre il fronte del No al referendum Atac di domenica prossima, ma non per lasciare tutto com’è. «Siamo contrari alla privatizzazione, ma vogliamo cambiare il sistema Atac – conclude Frullo -. Noi vogliamo che a effettuare le verifiche sia un ente terzo, ma sempre pubblico. Se si cede il trasporto pubblico a un privato, il comune non può entrare in casa loro e sindacare sulle loro scelte, le loro politiche di amministrazione e la loro gestione».

(foto di copertina da: Usb Roma)

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