Le donne saudite lanciano un hashtag contro la tutela maschile

Un gruppo di attiviste saudite ha lanciato su Twitter una campagna di sensibilizzazione e protesta contro le violenze che subiscono le donne

01/02/2022 di Redazione

Piena libertà di movimento, basta con l’obbligo di essere accompagnate per la stada da un uomo che nelle mura di casa decide del tuo futuro. Un gruppo di attiviste saudite ha lanciato su Twitter una campagna di sensibilizzazione e protesta contro le violenze che subiscono, ancora oggi e nonostante i timidi tentativi di riforma, le donne nel regno wahhabita. È quanto riporta l’agenzia di stampa Agi, riprendendo un articolo pubblicato sul sito specializzato Asia News.

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La campagna punta soprattutto alla abolizione o al ridimensionamento della figura della “guardia maschile”, che è chiamata a tutelare sull’onore e la condotta della donna quando questa si sposta fuori delle mura di casa. Per questo le promotrici hanno coniato l’hashtag #HomeDetainees, con l’obiettivo di accrescere consapevolezza e conoscenze di “donne che languono a casa”, un luogo considerato “paradiso per l’uomo e tomba della donna”.

Secondo l’istituto della “guardia maschile” il padre, il marito o un fratello della donna ha di fatto la facoltà di scelta per la donna non solo sui movimenti, ma anche dal punto di vista “educativo, professionale e sanitario”. Vi è inoltre la richiesta di “indipendenza di movimento e decisione” per quanto concerne aspetti della vita personale, cercando di liberare tutte le donne saudite che si sentono “intrappolate nella propria abitazione”.

In queste settimane, scrive Asia News, diverse donne saudite hanno sfruttato la piattaforma per condividere esperienze personali segnate da sofferenze, privazioni e dolore fisico e spirituale. “La mia prigione – scrive una internauta che nasconde il proprio nome – soffoca passioni e aspirazioni mi ha causato una grave depressione e atteggiamenti ossessivi, oltre ad affliggermi con migliaia di disturbi psicologici”. Un’altra denuncia “tutte le forme di violenza a livello fisico, psicologico e materiale”. Un’altra ancora riferisce di una “sorveglianza continua” che non permette nemmeno “la privacy di chiudere la porta di una stanza a chiave”. E ancora, la testimonianza di una donna che si reputa “un mobile del soggiorno” mentre osserva “l’età e la giovinezza passare intrappolata fra quattro pareti”. L’Arabia Saudita, su decisione dell’uomo forte Mohammed bin Salman, ha negli ultimi anni affrontato con alterni risultati la questione della conciliazione dell’impianto radicale della fede musulmana con la vita sociale della nazione. Le riforme introdotte dal 2019 hanno toccato la sfera sociale e i diritti fra cui il via libera per la guida alle donne, l’accesso (controllato) agli stadi e potenziato l’industria dell’intrattenimento, oltre all’ambito religioso. Tuttavia, gli arresti di alti funzionari e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche e la vicenda Khashoggi hanno gettato più di un’ombra sul reale cambiamento. La campagna ha raccolto adesioni e solidarietà anche all’estero, come testimonia il messaggi di una donna del Kuwait che afferma di “condividere dolore e sofferenze”. Essa giunge inoltre sulla scia dell’improvviso rilascio di due membri della famiglia reale – la principessa Basmah e sua figlia Souhoud Al Sharif – arrestate nel 2019 e detenute nella prigione di massima sicurezza di Al Hàir. Incriminate senza accuse formali, dietro la prigionia vi sarebbero le denunce relative al trattamento delle donne, le leggi sulla tutela maschile e l’opposizione alla guerra in Yemen.

[CREDIT PHOTO: ITALY PHOTO PRESS]

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