Per Zangrillo è da un mese che in Lombardia non si muore più di Covid

Continuano le polemiche relativamente al conteggio dei nuovi malati di coronavirus e, soprattutto, di quello dei morti. Il primario del San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo, già noto per le sue posizioni in merito allo stato attuale della pandemia in Italia, ha affermato che nel nostro Paese l’emergenza sarebbe finita già da due mesi, mentre in Lombardia non si muore più di coronavirus da almeno un mese.

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Per Zangrillo, in Lombardia non si muore più di coronavirus da un mese

Lo ha affermato nel corso di un’intervista al quotidiano Il Tempo, in cui ha fatto il quadro statistico dell’emergenza in Italia, ovviamente dal suo punto di vista. Il professore, lo ricordiamo, ebbe un grande spazio di visibilità quando – nel corso della trasmissione Mezz’ora in più di Lucia Annunziata – disse che il coronavirus era clinicamente morto. Successivamente, insieme ad altri nove scienziati, ha indirizzato una lettera alle autorità italiane facendo un quadro della situazione clinica negli ospedali italiani ed esprimendo anche qualche riserva sul contagio degli asintomatici.

Adesso, seguendo una distinzione che ormai sembrava essere piuttosto datata, segnala come da un mese in Lombardia non si muoia più di coronavirus, ma di altre cause che diventano nel frattempo preminenti rispetto alla positività del paziente.

Zangrillo fa un esempio per spiegare la sua teoria

Al Tempo, Zangrillo ha riportato anche un caso teorico, ovvero quello di una persona ricoverata in terapia intensiva a causa di un incidente stradale molto grave che, dopo essere arrivato in ospedale, è stato sottoposto a tampone ed è risultato positivo: «Se quella persona nel frattempo muore per la causa che possiamo immaginare – spiega il primario del San Raffaele – verrà comunque conteggiato tra le vittime del coronavirus e non tra quelle degli incidenti stradali».

Secondo Zangrillo, dunque, il problema non consiste nella diffusione della malattia che viene fotografata quotidianamente da dati che ormai vengono diffusi dal ministero della Salute, ma dalle rilevazioni che stanno dietro a questi stessi dati. Una comunicazione di questo tipo, secondo il primario, sembra essere fuorviante rispetto alla portata del problema. Ma, in ogni caso, la prova contraria – ovvero quella delle morti di coronavirus negli ospedali o anche in altri luoghi – non può essere dimostrata.

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