Le web stories di Google non sono correlate al posizionamento SEO del sito che le produce

L'affermazione è stata fatta da John Mueller che si occupa del posizionamento e della ricerca del colosso di Mountain View

21/02/2022 di Gianmichele Laino

Una delle novità introdotte da Google nell’ultimo anno è stata sicuramente quella delle web stories: si tratta, in poche parole, di un nuovo formato visuale – utile soprattutto per quanto riguarda le applicazioni di Google per iOS e per Android – che possono apparire sia nel motore principale di ricerca, sia in Discover, sia in Google immagini. Evoluzione delle amp stories, sono in realtà dei contenuti che – per quanto riguarda la loro interfaccia grafica – ricordano da molto vicino le stories che vengono utilizzate anche in altre piattaforme (come ad esempio Instagram o lo stesso Facebook). Le Web Stories possono occupare una porzione di testo molto breve e, tuttavia, uno spazio importante nella loro definizione viene assegnato all’immagine (ancora una volta a farla da padrone). Ci si è chiesto più volte se l’ottimizzazione delle Web Stories possa essere collegato al posizionamento del proprio sito web all’interno dell’ecosistema Google, ma – fino alle ultime dichiarazioni di John Mueller – non c’era stata una risposta al problema.

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Web Stories su Google: nessun collegamento con il posizionamento SEO

A dare una parziale risposta, come detto, ci ha pensato John Mueller, che riveste il ruolo di Search Advocate presso Google. Quest’ultimo, nell’ambito di un webinar organizzato dal colosso di Mountain View ha specificato: «Non mi preoccuperei che le prestazioni delle storie web siano in qualche modo correlate al ranking del resto dei tuoi contenuti perché non è assolutamente così». Insomma, non sembra esserci una relazione biunivoca. Mueller sostiene che, vista la brevità del testo presente all’interno delle Web Stories, potrebbe essere complesso ritrovare una perfetta indicizzazione e un orientamento SEO Oriented. Dunque, ha affermato, l’importante è ottenere un numero sufficiente di impressions: questo significa che si sta facendo un buon lavoro, a prescindere dall’effetto del ranking su Google del proprio sito web di riferimento.

Il problema, che potrebbe sembrare qualcosa di nicchia soltanto per addetti ai lavori, è in realtà qualcosa di più ampio. Google sta dando implicitamente una definizione del proprio programma di qui in avanti: con l’introduzione di web stories in alcun modo collegate alla ricerca SEO non sta facendo altro che suggerire agli operatori dell’informazione e dei contenuti online di produrre materiali “fini a se stessi”. Un po’ come hanno fatto Facebook e Instagram: è difficile convertire questi elementi in traffico per i siti (e, quindi, parlare di entrate pubblicitarie); lo scopo sembra essere quello di aumentare la visibilità e la reputazione di quegli stessi siti, ma restando nell’ambito di una vetrina che soltanto Google riesce a offrire.

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