Il provvedimento del Garante della privacy sulla diffusione del video di Palermo nei canali Telegram
La massima autorità sulla protezione dei dati personali ha ricordato cosa comporta la diffusione di un video e la sua condivisione, anche se non si è stati gli artefici materiali del contenuto
25/08/2023 di Gianmichele Laino
Non vanno citate, non vanno nominate. Non andrebbe nemmeno detto – se non con la massima cautela e soltanto in virtù del fatto che la vicenda abbia assunto una valenza anche politico-istituzionale – che esistono. Stiamo parlando delle chat su Telegram che propongono materiale di revenge-porn o – come in questo caso – un contenuto sensibile, su cui è in corso una inchiesta. Non è opportuno fare promozione a questi gruppi (che, altrimenti, sarebbero facilmente rintracciabili sull’app di messaggistica), ma invece è sostanziale fare riferimento a tutti i rischi per quelle persone che dovessero utilizzarli per rintracciare il materiale in questione. Sul video dei ragazzi di Palermo, è intervenuto il Garante della Privacy, che ha emesso un provvedimento estremamente chiaro e dettagliato, con tutti i riferimenti normativi del caso.
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Video ragazzi di Palermo su Telegram, la posizione del Garante
Il Garante è partito dalla presenza, su Repubblica, di un articolo che parlava dell’esistenza di alcune chat Telegram che contenevano al loro interno il video (in realtà, come vi spiegheremo, in molti casi si tratta addirittura di tentativi di phishing che vengono eseguiti da malintenzionati, approfittando dell’attualità della notizia di cronaca). Il Garante, visto il gran numero di utenti che ha cercato di avere accesso a queste chat, ha spiegato che «l’eventuale trattamento, con particolare riferimento alla condivisione del video sopra descritto, può verosimilmente configurare una violazione della disposizioni del Regolamento, con tutte le conseguenze, anche di carattere sanzionatorio, ivi previste».
E – quindi – ha evocato a sé i poteri che sono garantiti al Garante dal GDPR per l’attività sanzionatoria o per la possibilità di rivolgere ammonimenti o avvertimenti e il suo ruolo educativo nei confronti della società. Spiega il Garante: «Avvertiamo i potenziali utilizzatori dei dati personali della vittima, con particolare riferimento alla condivisione del video sopra descritto, evidenziando che l’eventuale trattamento degli stessi possa verosimilmente configurare una violazione delle disposizioni del Regolamento, con tutte le conseguenze, anche di carattere sanzionatorio».
Ricordiamo, a questo proposito, che – secondo il Codice Rosso (all’interno del quale si descrive il reato di revenge porn) – è possibile essere puniti se si «diffonde in maniera illecita, senza il consenso, immagini o video sessualmente espliciti. La pena è la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000 per chi registra il video e lo pubblica, ma anche per chi si limita a diffonderlo».