Il danno del mancato debug social sulla news del “60% dei ricoverati vaccinati in UK”
La gaffe, poi corretta, del massimo consigliere scientifico del governo di Boris Johnson ha dato vita a un pandemonio su Twitter
20/07/2021 di Enzo Boldi
Tutto è nato da una (grave) gaffe da parte di uno dei consiglieri di spicco di Boris Johnson per quel che riguarda la scienza e, di conseguenza, la situazione epidemiologica e sanitaria in Gran Bretagna. Poi, a rendere ancora più paradossale questa vicenda, ci sono alcuni “impedimenti digitali” che su un social come Twitter non sono stati ancora risolti (e neanche affrontati): parliamo del debug. Perché sono questi i due fattori che hanno dato vita, dal pomeriggio di lunedì 19 luglio 2021, al proliferare incontrollato di una fake news partita da una fonte che, all’apparenza, dovrebbe essere affidabile sui vaccinati ricoverati nel Regno Unito. Ma quell’errore comunicativo sta provocando del grande “disagio” social.
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Ricostruiamo la vicenda dall’inizio, partendo dalla dichiarazione rilasciata in conferenza stampa da Sir Patrick Vallance, il consigliere scientifico del Premier britannico Boris Johnson: «Il 60% dei ricoverati ha ricevuto due dosi di vaccino, ma non sorprende, visto che due terzi della popolazione adulta è vaccinata nel Regno Unito». Parole che fanno sobbalzare sulla sedia e che hanno fatto scatenare i ferventi no vax (o scettici sul vaccino anti-Covid, come alcuni amano definirsi mettendosi un’etichetta per evitare un’altra etichetta) che sui social hanno iniziato a condividere gli articoli delle testate (molte, praticamente tutte) nostrane che riportavano queste parole nel titolo.
Vaccinati ricoverati in UK, la genesi di una fake news: prima la gaffe, poi i problemi di debug dei siti
Poi, però, in serata è arrivata la smentita. A parlare, proprio attraverso Twitter, è lo stesso Sir Patrick Vallance che smentisce se stesso riportando (anche se in modo parziale e non completo) il dato opposto e reale sui vaccinati ricoverati.
Correcting a statistic I gave at the press conference today, 19 July. About 60% of hospitalisations from covid are not from double vaccinated people, rather 60% of hospitalisations from covid are currently from unvaccinated people.
— Sir Patrick Vallance (@uksciencechief) July 19, 2021
«Correggendo una statistica che ho dato alla conferenza stampa di oggi (ieri, ndr), 19 luglio – scrive Patrick Vallance sul proprio profilo Twitter -. Circa il 60% dei ricoveri da Covid non proviene da persone con doppia vaccinazione, anzi il 60% dei ricoveri da covid proviene attualmente da persone non vaccinate». Insomma, aveva invertito i fattori dando – a differenza delle regole matematiche sulle somme e le moltiplicazioni – un risultato differente.
Il problema del debug su Twitter
Ma come è possibile che, nonostante la smentita, ci siano ancora articoli condivisi che riportano (nel titolo) la dichiarazione sconfessata e non corretta? Il problema è il debug, in particolare su Twitter dove in tendenza – da lunedì pomeriggio – compare il trending topic “Il 60%“. Prendiamo, per esempio, il caso del profilo social del quotidiano La Repubblica e utilizziamo come assist il tweet pubblicato dal giornalista della stessa testata, Concetto Vecchio.
Covid, il 60% dei ricoverati in Gran Bretagna non è vaccinato – la Repubblica https://t.co/RoA8CFnOye
— Concetto Vecchio (@VecchioConcetto) July 20, 2021
Nel link allegato vediamo il titolo: «Covid, il 60% dei ricoverati in Gran Bretagna è vaccinato». Eppure lo stesso cronista, nella sua condivisione, inserisce quel “non” che cambia completamente la situazione. La colpa è del debug social su Twitter. Cosa significa? Quando si modifica un articolo, in particolare partendo dal titolo (in questo caso per passare dalla prima versione con la dichiarazione sbagliata a quella con la smentita dello stesso Patrick Vallance), Twitter non recepisce la modifica. L’unico modo per rendere effettivo il debug è quello di utilizzare il tool apposito e poi procedere (verificando che le modifiche siano state recepite) con una nuova condivisione. Perché, a differenza di quanto accade su Facebook, il “social dei messaggi brevi” non interviene su quanto già pubblicato (su Fb, dopo aver effettuato il debug occorre tornare sul contenuto già condiviso e procedere con la funzione “aggiornamento” dell’allegato inserito tra le opzioni di ogni singolo post). Insomma, i cambiamenti, nel titolo (e nel sommario) non influiscono su quanto già condiviso via Twitter. E l’evidenza – si tratta di un problema per molti giornali – è rappresentata dall’articolo de La Repubblica citato in precedenza: cliccando, infatti, appare la versione aggiornata (nonostante il titolo sia vecchio nell’anteprima social).
La storia dei vaccinati ricoverati nel Regno Unito, dunque, ha contorni ben diversi rispetto alla selvaggia condivisione che sta avvenendo nelle ultime ore. Moltissimi utenti stanno retwittando quell’articolo de La Repubblica (ma anche di altre testate online) fermandosi al titolo senza sapere (alcuni, invece, lo sanno ma agiscono con dolo anche condividendo solamente screenshot) il reale contenuto di quel pezzo. Ed è per questo che la storia del 60% dei ricoverati in Gran Bretagna “è vaccinato” è diventato virale, nonostante la notizia sia frutto di una gaffe corretta.
Non vaccinati, con una dose e con il ciclo completato
La smentita, dunque, è servita anche se molti non se ne sono resi conto (o fanno finta di non averne contezza). Nella dichiarazione di Sir Patrick Vallance, però, manca un dato che aiuterebbe ancor di più a contestualizzare i risvolti sanitari sull’evoluzione epidemiologica della pandemia nel Regno Unito. Perché nella sua ultima correzione social, il massimo consigliere scientifico di Boris Johnson ha solamente rimescolato le carte mettendole (in parte) al loro posto. Sappiamo, dunque, che il 60% dei ricoverati in UK non è vaccinato. Resta da capire da chi è composto quel 40% restante: si tratta di persone vaccinate con due dosi o di persone che hanno ricevuto – per ora – solamente la prima dose del vaccino anti-Covid? Insomma, la gaffe ha avuto un effetto duplice dando vita a una serie di interrogativi a cui si poteva rispondere dando dati certi e non invertendo fattori.