Travaglio analizza la faccia di Luigi Di Maio e tutti i suoi mancati sorrisi
10/09/2019 di Enzo Boldi
Le espressioni – anzi, non espressioni – facciali dicono tutto. Lo afferma Marco Travaglio nel suo editoriale nel quale analizza il linguaggio del corpo di Luigi Di Maio durante il discorso programmatico alla Camera dei deputati fatto dal presidente del Consiglio (in cerca di fiducia parlamentare) Giuseppe Conte. Su Il Fatto Quotidiano, il direttore spiega come i mancati sorrisi e quella maschera di pietra indossata per tutta la giornata dal leader politico del Movimento 5 Stelle, celino un malessere interiore per quel che poteva essere, ma non è stato.
«Non ce la fa proprio a sorridere, il capo 5Stelle – scrive Marco Travaglio nel suo editoriale i martedì 10 settembre -. Parliamo di un giovane che ha bruciato tutte le tappe […]. Al suo posto, molti sorriderebbero a 32 denti. Perché non sorride». E la mancata gioia sprizzata da tutti i pori diventa un caso all’interno del Movimento 5 Stelle, che appare molto diviso al suo interno con due fazioni opposte che – per il momento – si scrutano e si odorano in attesa della prossima mossa dopo il sì all’accordo con il Partito Democratico.
Travaglio e la maschera di Luigi Di Maio
Il direttore de Il Fatto Quotidiano, poi, ripercorre le tappe della carriera politica di Luigi Di Maio, parlando della sua precocità nel ricoprire ruoli importanti. Dal basso verso l’alto, con l’opportunità – rifiutata – anche di diventare presidente del Consiglio alla tenerà età di 33 anni. Ma i suoi no hanno portato a un epilogo diverso che, però, secondo Marco Tavaglio è riassunto in quella sua non espressione di lunedì a Montecitorio.
Il terzo che gode
«Non è detto che la partenza fredda e guardinga sia di malaugurio per il Conte-2, visto l’esito degli entusiasmi che accompagnarono il Conte-1. Ma la maschera di Luigi Di Maio riassume il vero enigma del nuovo governo – prosegue Travaglio -: riusciranno i nostri eroi a mescolare e contaminare le proprie diversità assorbendo le poche virtù dei rispettivi alleati per migliorarsi?». La risposta a questo quesito è molto democristiana: «Ci accontenteremmo che non si facessero contagiare dai vizi altrui. Fra i due litiganti c’è sempre un terzo che gode. E sappiamo chi è».
(foto di copertina: ANSA/ALESSANDRO DI MEO)