Tu neghi il coronavirus, io ti nego il posto in terapia intensiva
Il dottor Oggier, un economista, ha lanciato dalla Svizzera la proposta di negare la terapia intensiva a chi nega il Covid
17/11/2020 di Ilaria Roncone
Dalla Svizzera arriva la proposta di non curare chi nega il coronavirus sul web e partecipa alle manifestazioni dei negazionisti. Nella giornata in cui ci giungono testimonianze da oltreoceano di chi nega il coronavirus fino alla morte causata proprio dalla malattia, l’economista sanitario Willy Oggier è uscito oggi sui giornali con una proposta che in molti hanno considerato scioccante ma cui altri avevano già pensato: negare a chi nega il Covid le cure in terapia intensiva qualora dovesse ammalarsi non rispettando le regole di distanziamento e non portando la mascherina.
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Svizzera negazionisti: «Si assumano la responsabilità dei loro atti»
«Coloro che ignorano volontariamente le regole di distanziamento sociale e di igiene devono assumersi la responsabilità dei loro atti», ha dichiarato Oggier. La proposta è quella di introdurre delle multe disciplinari immediate – evitando così lunghe procedure – imposte sia dai servizi di sicurezza privati che dalla polizia ferroviaria. Lo scopo è quello di svegliare un paese in cui il tasso di contagi non è altissimo ma in cui c’è troppa gente che non segue le regole imposte dal governo soprattutto nella grande area cittadina di Zurigo. La proposta sarebbe quindi quella di registrare i nomi di chi manifesta e si dice negazionista e – in carenza di posti letto in terapia intensiva – non assegnarne alcuno a chi nega il Covid.
Il parere dei medici sulla terapia intensiva negazionisti negata
In un mondo in cui non si può procedere in questo modo – anche un fondo di verità c’è in questo ragionamento – un’affermazione tanto estrema ha comunque incontrato l’appoggio degli ambienti medici che vivono questo momento di pressione senza precedenti. Repubblica ha intervistato il direttore della Clinica Moncucco di Lugano, Christian Camponovo, definendo questa considerazione «non completamente sbagliata» e facendo appello al fatto che ognuno di noi ha una responsabilità individuale ma anche una responsabilità collettiva, quella di «preservare le strutture sanitarie dalla saturazione». Una provocazione che Camponovo ha definito eticamente plausibile.