Travaglio e il paradosso del referendum che «costerà quanto il risparmio del taglio dei parlamentari»

La politica ha costi esorbitanti. Non si parla solamente dei classici stipendi dei parlamentari, ma anche di tutto il contorno che regge la grande macchina di Senato e Camera. L’idea di dare un segnale ai cittadini, approvando la legge sul taglio parlamentari, era simbolica ma poteva essere il primo segnale in una direzione più sostenibile. Dopo averla votata a Montecitorio e Palazzo Madama, però, ecco il passo indietro con la raccolta firme di 64 parlamentari che, adesso, hanno ottenuto la possibilità di chiedere e portare avanti un referendum per tentare di abolire quanto deciso, solo a settembre, dal Parlamento stesso (e a larghissima maggioranza, quasi bipartisan).

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Ora si avvierà un lungo iter che porterà a questo referendum costituzionale all’attenzione dei cittadini italiani che, in linea di massima (seguendo anche i sondaggi passati su questo tema) non dovrebbero seguire la linea scelta dai 64 firmatari. Il taglio parlamentari – una delle battaglie che portò al successo il Movimento 5 Stelle – sembra essere, infatti, un tema condiviso dalla maggior parte dei nostri concittadini.

Il taglio parlamentari e il costo del referendum

E, inoltre, c’è un altro controsenso nella mossa di questi parlamentari. E lo spiega Marco Travaglio nel suo editoriale di oggi, giovedì 19 dicembre, dedicato proprio a tutto il contorno di questa vicenda: «I referendum costituzionali sono istituti nobilissimi, per sottoporre ai cittadini le modifiche fatte dal Parlamento alla Carta. Ma anche costosissimi: mezzo miliardo mal contato (la stessa cifra che si risparmierà col taglio dei parlamentari in ogni legislatura), soldi pubblici che finiranno in fumo per organizzare un voto dall’esito scontato».

Il disegno della Lega secondo Travaglio

Oltre ai costi, Marco Travaglio sottolinea come – per lui – dietro a questa raccolta firme ci sia la Lega e Matteo Salvini che avrebbero incaricato alcuni parlamentari di Forza Italia di portare avanti questa battaglia, senza metterci la faccia. Il tutto, sempre secondo il direttore de Il Fatto Quotidiano, per rallentare l’iter – perché l’esito del referendum pare scontato – e rimandare il tutto non al governo prossimo, ma a quelli successivi.

(foto di copertina: ANSA/ FRANCO BOLZONI)

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