Stefano Fresi, i podcast su Loquis e quell’intimità da mettere in gioco

L'attore e regista ha spiegato i presupposti del suo lavoro SF Frasi e Note

03/09/2021 di Gianmichele Laino

Una delle sorprese più originali che si scoprono viaggiando attraverso l’Italia (e non solo) con le cuffie collegate a Loquis è senza dubbio quella di imbattersi, come in una sorta di incontro inatteso, nei podcast di Stefano Fresi. L’attore, compositore e doppiatore italiano ha firmato il progetto SF Frasi e Note, mettendo insieme passioni e suggestioni. Ne è uscito fuori un interessante (e nuovo) esperimento narrativo, in cui i ricordi di Stefano Fresi si uniscono ai luoghi visitati ed esplorati. Il tutto messo insieme dalla geolocalizzazione di Loquis, l’app che permette all’utente di ascoltare le voci dei creators esattamente nel posto di cui quelle stesse voci parlano.

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Stefano Fresi, l’intervista che parla di Loquis

«Il racconto orale abbinato a un luogo è importantissimo: stimola la curiosità e la voglia di cercare quell’immagine di cui magari senti solo parlare – ha detto Stefano Fresi a Giornalettismo -. È bellissimo poter descrivere un luogo: ci riporta a quella dimensione di quando eravamo piccoli. Quando, per intenderci, conoscevamo l’India attraverso Emilio Salgari e Sandokan, quando non era così semplice fare questi viaggi verso luoghi così distanti. Vedere l’approccio di una persona che racconta non solo da un punto di vista documentaristico quello che lo circonda, ma anche sulla base delle sensazioni che prova, degli odori che avverte, dei colori che vede, di un aneddoto che gli è capitato in quel luogo, diventa un motivo molto interessante per approfondire la conoscenza della propria città o della città che va a visitare».

È un modo nuovo di intendere il turismo, una sorta di terza dimensione: non quella di una meravigliosa opera d’arte senza narrazione (purtroppo una costante dell’ecosistema dei beni culturali, soprattutto in Italia), non quella della tradizionale spiegazione didascalica che fatica a far breccia negli stimoli del turista.  «Loquis, invece, è funzionale rispetto alla diffusione della cultura e all’innestare il meccanismo della curiosità – spiega Fresi -. È un qualcosa che serve in un Paese che ci ha abituato benissimo, dal punto di vista della cultura e dell’arte. A volte, siamo come bambini viziati che hanno troppi giocattoli e che non si affezionano a nessuno di questi. Faccio un esempio: tra i miei Loquis ce n’è uno che parla del museo Vasa di Stoccolma costruito intorno al fallimento di una nave che ha fatto naufragio dopo un chilometro e mezzo che era uscita dal porto. Noi italiani siamo talmente circondati dall’opera d’arte che spesso ci capita di fumare una sigaretta in un luogo che, in un altro Paese, sarebbe un sito archeologico iperprotetto. Per questo è importante raccontare i nostri luoghi meravigliosi».

Come Stefano Fresi usa Loquis, la scelta dei contenuti

La selezione proposta da Stefano Fresi non è banale. Sicuramente, c’è Roma al centro, la sua città d’origine, una sorta di tavolozza di infinite possibilità di racconto. L’attore, tuttavia, non manca di esplorare anche altri luoghi che hanno rappresentato una pietra miliare nelle sue numerose esperienze di viaggio. «Scelgo di raccontare i luoghi che mi colpiscono, che mi hanno colpito o intorno ai quali è successo qualcosa – continua Fresi -. In ogni caso, li scelgo in base o a un aneddoto della mia vita o a un’emozione che suscitano; non soltanto da un punto di vista divulgativo. Il Loquis sulla basilica di San Clemente a Roma è emblematico da questo punto di vista: non stiamo parlando solo di un luogo artistico straordinario, ma anche di un luogo legato al mio professore di liceo, Massimo Troiani. Ci portò a fare lezione davanti a un affresco che, di fatto, è uno dei primi fumetti della storia: il racconto della passione di San Clemente corredato da alcune scritte in volgare. Per un ragazzo, sentire che in quella basilica c’è uno dei primi fumetti della storia può essere stimolante. Non si tratta di stupidificare la cultura, ma è renderla un po’ più alla portata di qualcuno che non sospetta che anche dentro a una chiesa possa esserci qualcosa di molto divertente».

Da qui, l’importanza dell’aneddoto, del racconto personale, della chiacchierata. L’utente si trova a contatto con un accompagnatore d’eccezione, con cui – grazie a Loquis – condividerà un piccolo spaccato di vissuto. «Non è l’audioguida che ti spiega un posto – dice Stefano Fresi -, è Carlo Verdone che passeggia con te e che ti dice: “quando facevo il film Borotalco, è successa questa cosa”. L’aneddotica è una delle cose più affascinanti che esistano, significa legare un luogo a dei racconti fatte da persone appassionate che ti fanno venire voglia di approfondire. A me è capitato tante volte, con tanta gente che ho incontrato. I famosi Loquis “dal vivo”, irripetibili perché non registrati. Ecco, l’idea che di queste cose possa rimanere traccia è affascinante. È un’intimità che decidi di mettere in gioco nel momento in cui la racconti. Gli odori che sento quando attracco con la nave in Sardegna, che ho descritto in un mio Loquis, sono una parte di me che ho deciso di condividere con chi mi vuole bene, ma che smette di essere intima nel momento in cui diventa pubblica».

Il podcast, anche dal punto di vista tecnico, può essere di grande aiuto nel far emergere questi momenti: «Un attore, un oratore, una persona avvezza a parlare in pubblico, che conosce la tecnica della narrazione, sicuramente fa arrivare il messaggio in maniera più efficace, però non è un principio democratico. La cosa che mi piace di più del podcast, invece, è che tutti vi possono avere accesso. La difficoltà è tutta dell’utente che ha tanti contenuti da selezionare, tra cui scegliere. Penso ai cataloghi infiniti di Spotify, di Apple, di Netflix. Da questo punto di vista, invece, Loquis aiuta nella selezione, perché geolocalizza il contenuto. È il luogo che ti guida. E questa è una intuizione eccezionale».

L’intuizione che si unisce alla passione di un figlio di Roma che parla della città in cui ha vissuto, in cui – da bambino – ha acquistato prodotti dai vini e oli di Centocelle, in cui lavora a contatto con tante persone che hanno un morso di esistenza da condividere. Come quello a un panino al prosciutto di via Panisperna, ad esempio:  «Ho una quantità d’amici che non sono mai entrati al Colosseo – conclude Stefano Fresi -. C’è tantissima Roma da raccontare: la città è gigantesca e piena. Io vivo Roma in maniera molto attenta, sono fratello di un’archeologa che mi ha fatto conoscere ancor meglio Roma, ho lavorato con Gigi Magni, grande conoscitore di Roma. Sono un privilegiato. Facendo Loquis, ho scoperto di avere davanti agli occhi una quantità di cose che non avevo mai visto prima, nonostante tutto. Quando si dice che Roma è una città eterna è perché eternamente se ne parlerà, eternamente ci saranno cose da scoprire. E da raccontare».

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