Ecco come funzionava quello che è stato definito «il sistema Pell» | VIDEO
26/02/2019 di Redazione
Lo definivano sistema Pell. Era quello messo in piedi dal cardinale australiano, sin dal 1996, per provare a mettere a tacere le proteste delle vittime di abusi da parte di sacerdoti della chiesa cattolica. Ora, il cardinale George Pell è stato condannato dalla County Court dello stato di Victoria (la condanna risale al dicembre 2018, ma è stata resa nota soltanto oggi) per abusi sessuali su due minori e rischia fino a 50 anni di carcere.
Come funzionava il sistema Pell
La redazione di michelesantoro.it aveva provato a spiegare come funzionava il sistema messo in piedi dal cardinale quando si trovava in Australia. Nel suo Paese di origine, infatti, le stime che si basano anche sulle carte e sulle testimonianze raccolte dalla Royal Commission parlano di 70mila vittime di abusi sessuali. Il cardinale Pell era solito inviare una lettera con una proposta di perdono e con una cifra simbolica di poche decine di migliaia di dollari per ottenere dalla vittima il silenzio sulla questione.
La situazione, tuttavia, sembra essere sfuggita di mano perché i casi denunciati erano in numero incontrollabile e non poteva bastare un semplice risarcimento forfettario per chiudere la questione. La redazione di Servizio Pubblico ha ascoltato le testimonianze di due vittime di abusi, che hanno raccontato la loro storia, le difficoltà affrontate in questi anni, l’impossibilità – in alcuni giorni – di non poter più andare avanti. «Il tasso di suicidi nella mia zona d’origine – dice una delle due vittime – è superiore alla media nazionale: molte persone che si tolgono la vita sono stati in passato vittime di abusi sessuali».
Le parole del cardinale Pell a Servizio Pubblico
Al primo diffondersi delle notizie sugli insabbiamenti di George Pell, Servizio Pubblico ha provato a intervistare il cardinale. Francesca Fagnani riuscì a strappare una dichiarazione al cardinale: «Io non ho fatto nessun insabbiamento – dichiarò Pell a Servizio Pubblico in quella circostanza – Ho risposto nell’interrogatorio per 38 ore davanti alla Royal Commission. Quanto accaduto alle vittime è chiaramente una tragedia. Ma dobbiamo essere disposti a perdonare, se c’è il pentimento. Il tutto, però, non deve intaccare il normale corso della giustizia».