La sardinata

C’era un’attesa spasmodica per il primo errore delle sardine. Qualcuno lo aveva ricercato nella presenza capillare del fondatore Mattia Santori in televisione, accusandolo di sovraesposizione mediatica. Qualcun altro aveva indicato nel piatto di sardine mangiato negli studi di Un giorno da pecora il peccato originale della sua ricerca di notorietà. Invece, la prima vera «sardinata» – una sorta di cazzata in saor, per intenderci – è arrivata dopo un’intervista a un coordinatore locale del movimento, a quello Stephen Ogongo che ha collaborato all’organizzazione dell’evento di Roma del 14 dicembre.

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L’errore delle sardine, ovvero la sardinata

Un errore capitale, dal momento che la manifestazione in piazza del Popolo era stata annunciata come quella che avrebbe segnato una prima tappa fondamentale nell’iter del movimento delle sardine. Quella del primo bilancio. Quella che doveva misurare la temperatura alla piazza. Quella che doveva indicare una sorta di direzione da prendere nei prossimi mesi.

Con Stephen Ogongo avevamo parlato anche noi di Giornalettismo. La frase utilizzata con il Fatto Quotidiano covava in quell’ecumenismo con cui aveva cercato di descrivere, in anteprima, la manifestazione di Roma. «La nostra – aveva detto – è una società che ha tante persone che non si identificano con la cultura dell’odio che serve per arrivare al potere». Ci aveva fatto capire che il movimento delle sardine era formato da tante anime, non necessariamente tutte di sinistra. Nemmeno tutte necessariamente di centro-sinistra.

La sua frase infelice sulla possibile inclusione di Casapound – che gli stessi organizzatori delle sardine di Bologna (Mattia Santori in testa) hanno definito un’ingenuità -, tuttavia, rappresenta qualcosa di un po’ troppo ecumenico. Quasi al limite di un’eresia, per un movimento che si definisce anti-fascista. Che ha da ridire se qualche esponente di Potere al Popolo scrive uno striscione un po’ troppo identitario (e brandizzato) in una manifestazione di sardine, ma che – almeno stando a questa dichiarazione – accetterebbe la presenza di esponenti di Casapound.

Gli effetti della sardinata

Ovviamente, c’è stata la successiva presa di distanza da parte dei fondatori del movimento delle sardine. Ma tutto ciò ha prodotto due risultati.

Il primo: ha permesso a Simone Di Stefano del movimento della tartaruga di approfittare della situazione e di lanciare la provocazione. Lui, in piazza con le sardine, vuole esserci. Senza cantare Bella Ciao, ma ci sarà. A quel punto, i manifestanti che faranno? Manifesteranno pacificamente accanto a quelli che utilizzano proprio il linguaggio che le sardine vogliono combattere?

Il secondo: ha fatto rivivere una sorta di incubo relativo all’utilizzo dei social network. L’account di Giornalettismo, subito dopo aver riportato le dichiarazioni di Stephen Ogongo al Fatto Quotidiano, è stato accusato di aver diffuso bufale attraverso il suo sito web, di aver detto bugie. Siamo stati definiti ‘giornalai’, ci è stato chiesto di informarci prima di parlare. Come se riportare una dichiarazione che non piace coincidesse automaticamente con la propagazione delle fake news. Un meccanismo che conosciamo e che ricorda tanto il modo di fare politica che qualcuno ha introdotto in Italia dal 2013 in poi.

Ogni azione ha una reazione. Speriamo che questa non sia anche reazionaria.

FOTO: ANSA/IGOR PETYX

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