Cosa c’era scritto nell’articolo per cui La Stampa è stata denunciata dall’ambasciatore russo

Massimo Giannini ha replicato alle accuse di Sergey Razov

25/03/2022 di Gianmichele Laino

La denuncia è per istigazione a delinquere ed è stata presentata, con annesso show mediatico, da parte dell’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov che ha lasciato il suo palazzo in zona Termini e si è recato davanti a piazzale Clodio per far presente alle autorità le sue rimostranze e per fare una propria conferenza stampa, durante la quale si è anche sottoposto ad alcune domande (nonostante quanto dichiarato alla vigilia della stessa). Destinatario della denuncia è il quotidiano La Stampa che, il 22 marzo, aveva pubblicato un articolo firmato da Domenico Quirico, uno degli inviati di guerra più celebri della recente storia italiana, e che aveva come titolo: Guerra Ucraina-Russia: se uccidere Putin è l’unica via d’uscita. 

LEGGI ANCHE > Il mistero del blocco degli abbonamenti a Novaya Gazeta da parte delle poste in Russia

Russia querela La Stampa: ma il quotidiano si è mai augurato la morte di Putin?

Il titolo è probabilmente più assertivo rispetto a quello che viene scritto all’interno dell’articolo. Innanzitutto, l’uccisione di Vladimir Putin non è un piano imputabile a un desiderio del giornalista stesso, che invece riporta quello che – stando alle sue parole – è una sorta di auspicio da parte degli Stati Uniti, della Nato e degli europei. All’interno dell’articolo, poi, ha preso in considerazione gli aspetti di questo “tirannicidio”, che porterebbero a una sola intuizione: l’uccisione, anche vista attraverso il cinismo di giudicare l’atto politico e non soltanto quello umano, non sarebbe conveniente per nessuno. Il passaggio è chiaro in questo esatto punto dell’articolo:

«Siamo certi che l’eliminazione violenta e oligarchica del tiranno non inneschi un caos peggiore? Il pessimismo è obbligatorio – scrive Domenico Quirico -. Quasi mai il risultato è stato conforme ai desideri di chi pensava di risolvere tutto al prezzo di una sola vita per di più sciagurata. Nel 1914 il serbo Gavrilo Princip si illuse: ammazzando l’erede al trono austriaco i problemi dei Balcani sarebbero stati risolti, pensava. Invece eliminò l’unico personaggio che probabilmente, non per indole pacifista, avrebbe impedito che l’Europa precipitasse nella tragedia della Prima guerra mondiale».

Si tratta di una riflessione che si conclude anche in maniera pessimistica rispetto all’ipotesi presente nel titolo. Su questa linea è la tesi difensiva dello stesso Domenico Quirico e del direttore de La Stampa Massimo Giannini che, in un video, ha spiegato come all’interno dell’articolo ci sia scritto esattamente l’opposto rispetto a quanto denunciato dall’ambasciatore russo a piazzale Clodio.

La reazione della Russia si inserisce nel solco di quello che è stato fatto anche con Meta: quando la Russia è venuta a sapere che l’azienda avrebbe tollerato alcuni discorsi d’odio nei confronti degli invasori russi, di chi sostiene l’invasione e delle istituzioni russe e bielorusse (soltanto in un secondo momento ha chiarito che un messaggio d’odio nei confronti di un capo di Stato non sarebbe comunque stato accettato), allora ha inserito Meta nelle organizzazioni estremiste. Il peso utilizzato con La Stampa è lo stesso anche se, a differenza dei messaggi d’odio che non sono stati moderati da Facebook, nessuno – all’interno del giornale – si è augurato la morte di Putin.

Share this article